Al posto dei caporali della Uber Economy possiamo creare e sostenere comunità di volontari che svolgono lo stesso servizio utilizzando internet e le risorse condivise. Tutto semplice? Purtroppo no: la bestia reagisce e intorbidisce le acque.
Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?"
Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo."
E i servi gli dissero: "Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?" "No," rispose, "perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio."
(Matteo 13,24-30)
Abbiamo detto che la condivisione delle risorse sarà l'assassino dell'Uber Economy. Ma il sistema sociale dominante, messo sotto attacco, reagisce. Siccome non è un essere vivente dotato di volontà propria, ma un sistema complesso, la sua azione sarà di tipo omeostatico. L'omeostasi è la tendenza di un sistema complesso a raggiungere una relativa stabilità delle sue forze interne. Una sorta di equilibrio dinamico, in grado di mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso meccanismi autoregolatori.
La più efficace reazione omeostatica al fenomeno dell'economia condivisa è sicuramente la mistificazione, ovvero la deliberata confusione sui principi della sharing-economy, per potervi inserire i cialtroni della Uber Economy, vera e propria zizzania nel campo delle iniziative realmente condivise.
Il sistema dominante ha mille aziende pseudo-sharing che possono presentarsi al pubblico dicendo "io sono social", "io sono condiviso" etc. In questo modo un sistema come l'economia collaborativa, nata come alternativa al consumismo classico per ridurre l'impatto sull'ambiente, risulta inquinato, e quindi quasi indistinguibile, dalle aziende tipo-Uber. Esempi di mistificazione della realtà ce ne sono a bizzeffe, e ci sono schiere di giornalisti fresconi disposti alla loro apologia, in buona o mala fede. Ci limitiamo a segnalarne alcuni.
Qui si parla di sharing economy, ma già dall'occhiello si capisce che l'argomento è esattamente il nemico della sharing economy, ossia Uber. La frescona di turno mostra una realtà ideale, in cui chiunque può guadagnare un sacco di soldi a scapito di gente che già ne ha ("i giovani festaioli in mocassini e pantaloni rimboccati quando la notte di San Francisco si allunga verso l'alba") facendo in più del bene all'ambiente ("l'80% delle macchine gira per le strade con un solo passeggero a bordo, intasando la città e l'atmosfera").
Prezzolata o sincera non importa, la signora Gea Scancarello (da San Francisco) è un ingranaggio del sistema, e fa il suo porco omeostatico dovere. Ricordiamo che non è necessario che le azioni di mistificazione siano ordite da qualcuno con intenti dichiaratamente truffaldini, essi sono una reazione sistemica, che avviene quasi automaticamente.
Più misurato è Biagio Simonetta, sul sole24ore, che, pur abboccando alla mistificazione, è costretto ad ammettere: "La sharing economy sta cambiando il tessuto lavorativo, ma non lo sta migliorando. Anzi, ha scatenato una confusione che sta avendo diverse conseguenze anche dal punto di vista legislativo, come l'inquadramento dei dipendenti, che dipendenti non sono. E il pericolo che una class action possa far crollare il castello, è sempre dietro l'angolo." Mi sono annotato queste parole.
Automatico e acritico è invece il sostegno del sito "Social Economy" a Uber (ammettiamo che questa azienda è il nostro bersaglio preferito) per la "bella iniziativa sociale" denominata #UberGIVING, una raccolta di beni a favore dei profughi. Il colosso del caporalato dei tassisti dilettanti non si è nemmeno scomodato a fare una donazione, ma invita i suoi clienti a portare le proprie masserizie alla Croce Rossa. I siti social plaudono.
Ma il capolavoro della mistificazione si è compiuto in oltre trent'anni. Tutto iniziò nel 1984, quando Apple fece uscire questo spot per lanciare il suo Macintosh.
Il filmato voleva esaltare il PC di Apple contro le cattive tecnologie (che allora erano rappresentate dal personal computer di IBM) che avrebbero portato a una realtà simile al "1984" di George Orwell. A distanza di oltre trent'anni Apple è l'azienda privata più potente del mondo, domina e controlla la rete coi suoi smartfone, tablet, PC e servizi internet correlati. È cioè l'attuale Grande Fratello, e se la realtà attuale assomiglia sinistramente all'orwelliano 1984 è principalmente a causa sua.
Per sabotare la web-economy, sostituendola con la sharing economy, occorre riconoscere il frumento dalla zizzania. Separare un'autentica iniziativa popolare da un'azienda di caporali priva di scrupoli non è facilissimo. Per questo occorre farsi le seguenti domande:
- l'iniziativa trae un vantaggio sfruttando il lavoro di soggetti deboli, non sindacalizzati e senza contratti regolari?
- l'iniziativa raccoglie e usa i nostri dati con la scusa di offrirci servizi migliori?
- l'iniziativa taglieggia qualcuno? Ovvero, incassa il nostro denaro "per conto di...", trattenendo una percentuale?
- l'iniziativa usa software proprietario, algoritmi segreti, o non permette alla comunità di mettere le mani sui meccanismi web?
Se la risposta ad almeno una domanda è sì, ci troviamo di fronte a un'iniziativa di economia NON condivisa. Con due sì siamo nel commerciale più stretto, con tre si sfiora il caporalato legalizzato. Se i sì sono quattro, inchiniamoci, siamo di fronte a Satana in persona, altro che economia della condivisione!
La saggezza popolare sostiene che grandi guadagni in poco tempo non si fanno senza rubare, e come sempre col buonsenso non si va tanto lontano dalla realtà.