Capolavoro antimilitarista di Abel Gance. A Verona, ex Chiesa di Santa Maria in Chiavica, via Santa Maria in Chiavica, Lunedì 28 dicembre, ore 21

Regia, scen: Abel Gance; asst: Blaise Cendrars; fotografia: L. H. Burel, Maurice Forster, Marc Bujard; montaggio: Marguerite Beaugé; cast: Romuald Joubé (Jean Diaz), Séverin-Mars (François Laurin), Marise [Maryse] Dauvray (Edith Laurin), Maxime Desjardins (Maria Lazare), Mme. Mancini (Mother Diaz), Angèle Guys (Angèle), Angèle Decori (Marie, the servant), Nader (the army cook); lg. or./orig. l: 5250 m. (4 pts.); originale in 35mm, 3550 m., 192'

Il Cineclub Verona presenta per festeggiare la 25esima edizione del suo "Buon Compleanno cinema", manifestazione nata nel 1985: J'accuse (1919), la possente epopea di Abel Gance sulla prima guerra mondiale.

Opera di un grande regista, tra i più sperimentali di tutta la storia del cinema, J'accuse presenta alcuni aspetti formali importanti. Assieme a un campionario di innovazioni tecniche, sono notevoli la sperimentazione del montaggio rapido nelle scene clou della battaglia, l'uso dei carrelli e i dolly per accentuare la disperazione nei movimenti dei personaggi, gli effetti di split-screen (come nella sequenza in cui i soldati morti paiono marciare in parallelo sui sopravvissuti che sfilano in parata sotto l'Arc de Triomphe) e, soprattutto, il virtuosismo delle luci. Gli ultimi anni della prima guerra mondiale avevano sollevato reazioni di rabbia e disperazione in cui si insinuavano nuovi sogni e fervore rivoluzionario, sentimenti colti istantaneamente da Gance, che concepì il film a conflitto ancora in corso. In J'accuse si respirano rabbia e disperazione per le sofferenze dei soldati e della popolazione, e soprattutto per l'enorme spreco di vite umane, inconcepibile fino a quel momento storico. A colpire maggiormente nel film, oltre ai dolori e alle violenze vissuti tra le mura domestiche (riassunte nella travagliata vicenda umana dei protagonisti e in particolare di Edith, violentata dai soldati tedeschi), sono infatti le molte sequenze della terza parte che testimoniano le sofferenze e la morte dei soldati al fronte (le trincee piene di pioggia, il freddo insopportabile, i cadaveri nel fango, i corpi accatastati dentro una cattedrale in rovina), e che culminano nella famosa, sconvolgente avanzata dei veri "morti viventi", i soldati uccisi che risorgono per tornare alle loro case e raccontare le atrocità della guerra.

Oggi J'accuse può essere definito a ragione pietra miliare dei film anti militaristi: straordinari i riferimenti al cieco patriottismo come responsabile di tanta devastazione. Il film rimane una testimonianza ed emblema insuperato delle atroci sofferenze umane della Grande Guerra.

Il film, presentato da Ugo Brusaporco, sarà accompagnato dal vivo da Igino Maggiotto alla fisarmonica, Federico Fuggini al piano, Dario Ferronato

L'intervento di Ugo Brusaporco

"J'accuse" è un film scritto e diretto nel 1919 da Abel Gance mentre ancora era caldo il sangue dei morti in battaglia, mentre il popolo francese si chiedeva il senso di quella carneficina che aveva sepolto l'umanità. Siamo restati per oltre tre ore, 199 minuti dura il film, fermi in un silenzio che tradiva più di un'emozione, il racconto di una storia grandiosa, fatta di palpitante amore e tragica guerra, fatta di un'umanità tradita da se stessa. Non a caso questo "J'accuse" è da considerarsi ora imprescindibile per ogni discorso sulla prima gurra mondiale, che racconta con chiarezza straordinaria, opponendo la calda luce del mare e del sole della Provenza, al grigio sanguinante di Verdun. Non ha dubbi Gance, la guerra tradisce la poesia più che l'amore, dostoevskiano sa che solo la bellezza può salvare il mondo e sa che la guerra non è poesia, che la poesia è la fuga della guerra e che quando tace regna solo il latrare dell'umanità più bieca. Porta sullo schermo due uomini. Il brutale François( un bravissimo Séverin Mars) sposato con Edith (impagabile Maryse Dauvray) che ama riamata il poeta Jean (uno strepitoso Romuald Joubé). Era stato il padre di lei, militarista incapace di comprendere la poesia, a dividere il loro amore. Le feste provenzane e le schermaglie d'amore vengono cancellate dall'arrivo della guerra. François partendo costringe la moglie all'ospitalità di sua madre, per paura che lei incontri Jean, di più obbliga Jean ad arruolarsi. Finirà con Edith stuprata dai tedeschi che riporta a casa il frutto di quella violenza, con François morto per vendicare l'affronto e con Jean che persa la poesia perde anche la ragione. Finirà con i morti in battaglia che tornano nei loro paesi a reclamare il non essere dimenticati, il non essere traditi da chi ha ancora la vita. L'ultima ora del film costringe alla assoluta commozione, le immagini della tragica guerra offendono la ragione e il cuore palpità fino ad esplodere nel momento in cui prima di morire Jean ritrova la poesia laica e morta di un sole che brilla su chi ama e sulla guerra, indifferente.