La Lessinia è in lutto. Questa mattina è mancato Attilio Benetti, "el Tilio" per gli amici, un personaggio che avremmo voluto avere sempre con noi, per poter continuare ad essere compartecipi della sua vita sempre proiettata nella conoscenza, in un'umile ricerca su tutto ciò che riguardava i nostri monti, il nostro patrimonio. Se è vero che non c'è futuro senza conoscenza, el Tilio ci ha certamente aperto orizzonti nuovi; infatti, con il suo impegno nella ricerca ci ha svelato svariati aspetti, prima pressoché sconosciuti, della nostra Lessinia.

El Tilio, con la sua fertile vita, ha testimoniato che è fondamentale conoscere per amare: se si conosce si ama, e diventa più facile rispettare e valorizzare ciò che è patrimonio di tutta la comunità.

Ora è compito di tutti noi fare conoscere el Tilio ai giovani e meno giovani che vivono nella Lessinia e di proporlo alle generazioni future come esempio da imitare, per quanto possibile.

Le esequie saranno celebrate lunedì pomeriggio a Velo.

Potremo stringerci attorno a questo grande personaggio che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e frequentare.

Siamo certi che Lui ci è più che mai vicino e che continuerà ad accompagnarci e a incoraggiarci nel nostro impegno per un futuro migliore.

Viva el Tilio

Ugo Sauro

"E' morto el Tilio Benetti".

Ma cos'è? Uno scherzo dell'Orco Burlevole, sconto de drio al Fo' dela passe o al fongo de Camposilvan?

No. Ci tranquilliziamo perché le persone come el Tilio Benetti non muoiono mai. E' un iconema, come il Langebech, o il Parparech

E soprattutto non è la Lessinia, non è la Lessinia umana che abbiamo conosciuto, la Lessinia dei Cona, che ha fatto istituire un parco voluto da nessuno dei suoi conterranei, dei Marconi degno epigono dei distruttori della parte occidentale, dei Melotti avversario delle marmotte che "distruggono" le pozze della Podestaria, dei Valdegamberi promulgatore della recentissima legge vergogna che introduce la caccia nei parchi veneti. Magari il Valdegamberi lo vedremo ai funerali lunedì o lo leggeremo oggi sui necrologi de L'Arena.

Gli avevano piazzato due cave davanti all'ingresso di casa, una per sfregio dietro alla Chiusa, la più vecchia contrada lessinica, del 1400, nonostante svariati appelli contrari. Avevamo marciato, una decina di anni fa, per salvare la Val Sguerza, sotto il Kunech e il Langebech che mena su ai Norderi e al Roat Bant, il Sengio Rosso.

Ma tant'è: così va il mondo degli umani. El Tilio era altro. Già da quel nome, l'albero simbolo dell'altra Lessinia, il Tiglio – de Linte in cimbro – che veniva piantato in ogni piazza dei XIII comuni: maestosità e saggezza. Ci aveva introdotto nel magico modo dei toponimi, dei microtoponimi, perché anche qui ogni radura, ogni siepe, ogni filo d'erba, ogni roccia e ogni albero una volta avevano un nome e una propria personalità. E come tali avevano una storia e una loro sacralità, come ci aveva insegnato Chatwin per gli aborigeni australiani nelle Vie dei Canti. Il genius loci, invisibile, era perciò ovunque e il Tilio ci aveva aiuto a scoprirlo: dalle enigmatiche città di rocce della Valle delle Sfingi, alle rindole del Falz. Su questo sfondo si rincorrevano le Fade e gli Orchi, Bepi Sberla, il contrabbandiere dalle mani enormi che veniva su da Ala con il carico pesantissimo scavalcando el Tajo de la Lambra. Nevicate memorabili, i lupi e gli orsi: el Tilio ci aveva raccontato la storia della loro scomparsa, con le ultime testimonianze dei vecchi che si tramandavano storie , anche spaventose, di due trecento anni fa. E foreste … Foreste de àdari (acero di monte), ègani (maggiociondolo), fò (faggio), maliperi e maludene (i sorbi) … Il tempo era quindi per il Tilio rimescolato, proprio come negli strati geologici che tanto indagava: i lupi si alternavano alle ammoniti, alle reminiscenze degli anni Cinquanta del secolo scorso quando el Tilio si ricordava i consistenti popolamenti degli uccelli che poi agricoltura e caccia hanno ridotto quasi sull'orlo dell'estinzione. Come le nuvole colorate di  farfalle, che riempivano con i loro voli prati brulicanti di vita e della grida dei numerosissimi bambini.

El Tilio era la Lessinia e il rosso ammonitico delle malghe, quel rosso che in inverno è a volte abbacinante, gli era stampato sul suo volto, che adesso , sconto de drio al Fo' dela passe o al fongo de Camposilvan ci dice scherzosamente"Te l'ò fata"! Perché gli uomini come el Tilio Benetti non muoiono mai.

Michele Dall'O'

Il funerale sarà celebrato martedì 23 nella chiesa parrocchiale di Velo, alle 15.30