La corsa a salire sul carro della manifestazione più inutile e tossica della storia italiana è ormai inesorabile. EXPO ha vinto, e i no-EXPO sono solo dei paranoici piantagrane.

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Nonostante il nostro impegno, sono molte le realtà che si definiscono progressiste, altermondiste, alternative, etiche, a partecipare sotto varie forme alla vergognosa kermesse EXPO 2015. A queste dobbiamo aggiungere l'iniziativa chiamata EXPO dei popoli, che ha coinvolto, non si sa con quanta trasparenza, il variegato e agguerrito mondo dei Distretti di Economia Solidale.

"Dopo aver mostrato un approccio 'critico' verso Expo," riferisce il sito noexpo.org, "hanno infatti accettato di partecipare, con lo scopo di raggranellare finanziamenti diretti o indiretti per i propri progetti: Slow Food, Arci, Legambiente, Manitese, WWF, tra i tanti, e molti, troppi Distretti di Economia Solidale (tutti presenti in Cascina Triulza come 'EXPO dei popoli')."

Non si discute qui sulla buona fede di questi boccaloni ("ci si è illusi di poter portare contenuti progressisti e di giustizia alimentare dentro un evento di segno opposto"), ma partecipare comporta inevitabilmente la legittimazione dello scempio politico-economico-ambientale in atto.

Ci è stato detto che le malefatte perpetrate nel contesto di EXPO sono in qualche modo separabili dal contesto stesso. Balle: è evidente a tutti che lo scopo reale di EXPO sia permettere la distruzione di un milione di mq di terreno fertile, e che le tangenti e il malaffare connessi non siano un disdicevole episodio, ma solo la modalità naturale di espressione del partito del cemento, unico autore e beneficiario di quest'inutile e anacronistica manifestazione.

Non fosse bastato il mare di cemento, l'inchiesta giudiziaria sulle infiltrazioni mafiose (e in questo caso la parola 'infiltrazioni' suona come un eufemismo) avrebbe dovuto mettere fine a qualunque titubanza sulla partecipazione allo scellerato evento.

Ma la carne è debole. Così, in silenzio, una dopo l'altra, le migliori realtà del volontariato, dell'ambientalismo e dell'antagonismo italiano sono scivolate sul carro dei danarosi e melliflui cementieri, lasciando noi pochi pirla col cerino in mano, a urlare che con il mega-evento e la sua macchina politico-economica non si scende a compromessi, che non si può accettare la retorica inclusiva e partecipativa che vorrebbe l'Esposizione universale un luogo e un'occasione per tutti.



Vince chi ha i soldi, i media e la politica in mano, e con tali mezzi convince gli antagonisti che è meglio accettare l'EXPO come inevitabile, per cui tanto vale prendere quel poco di buono che c'è. Mettersi ordinatamente in fila per briciole di celebrità che gli squali della GDO (Coop e Eataly in primis) vorranno lasciare loro.