Tagliare le tasse sulla prima casa creerà problemi più gravi di quelli che vorrebbe risolvere. L'attuale crisi dell'edilizia non dipende dall'Imu e dalla Tasi, ma da un eccesso di offerta che difficilmente potrà essere smaltito nei prossimi anni. Come sostengono sia Confindustria che i sindacati, la vera emergenza della nostra economia è l'eccessiva tassazione sul lavoro.

Nonostante il pressante battage pubblicitario di Renzi e dei suoi ministri, l'economia italiana stenta anche solo a mantenere degli standard produttivi accettabili. I dati sulla disoccupazione parlano chiaro. D'altra parte lo Stato Italiano deve fare i conti con un debito che supera i 2200 miliardi e con l'elevato, e non più comprimibile, costo per assistenza, previdenza, salute e istruzione.

In queste condizioni non si possono tagliare più di tanto le entrate, dette anche tasse. Bisogna scegliere: o si riducono le tasse sulla casa o si riducono le tasse sul lavoro.

E' vero che il settore edile ha subito negli ultimi 5 anni un autentico tracollo. Nella sola provincia di Verona  si è registrata una contrazione dei fatturati del 35%, con la perdita di 75mila posti di lavoro e la cancellazione di 700 imprese dalla Cassa Edile (- 30%). Il presidente dell'ANCE veronese parlava nei giorni scorsi di timida ripresa: "Sta andando bene il settore delle riqualificazioni che impegna ditte medie e piccole, speriamo negli appalti che riguardano l'edilizia scolastica. Mentre i grandi cantieri cittadini stentano a decollare, senza l'impegno diretto della finanza".

Ma è anche vero che questo settore era da anni al centro di un ciclone speculativo in cui il rapporto fra domanda e offerta era diventato una variabile irrilevante e la presenza della malavita organizzata (sia negli appalti che negli acquisti) una costante universalmente riconosciuta.

Riccardo Illy avverte il premier di non ripetere l'errore di Silvio Berlusconi: "Abolire la tassa sulla casa non ha portato bene alle finanze pubbliche che hanno rischiato il default e anche al suo governo. Sono scettico per una serie di ragioni. Il ministro Padoan ha detto a Cernobbio che l'abolizione verrà compensata con riduzione della spesa pubblica. Ma attenzione: la spesa di Comuni e Regione è all'osso. Direi di più, perché l'osso hanno già cominciato a scavarlo. Inoltre, una tassa sulla prima casa c'è in tutti i paesi europei. Non solo: è l'unico caso di corrispondenza biunivoca tra tassa pagata e servizio erogato, perché il cittadino può controllare se un sindaco spende bene i suoi soldi. Piuttosto di abolirla la renderei meno complicata".

E propone come alternativa una sospensione della tassa sugli utili d'impresa.

La Cisl, in caso di taglio della Tasi selettivo, chiede un prelievo in base al reddito del contribuente utilizzando come indicatore l'Isee, che tiene conto del reddito e dei patrimoni. Ma, prima di tutto, "il governo si preoccupi di trovare le coperture per 16 miliardi di euro per l'anno prossimo al fine di evitare gli aumenti dell'Iva e delle accise che peserebbero molto e di più dell'abolizione della Tasi, soprattutto per le famiglie a basso reddito".

Per Rosanna Camusso la decisione di eliminare le tasse sulla prima casa è illogica e ingiusta: "In un Paese che ha poche risorse e in cui la tassazione sulla casa è una delle fonti prevalenti di finanziamento per le amministrazioni locali, non si capisce la ragione, l'utilità di politica economica, mentre credo che in questo Paese sia un dibattito molto ideologico e di propaganda politica di caccia all'elettorato che non darà nessun beneficio sulla crescita economica e dell'occupazione". Per Camusso, invece, sarebbe preferibile usare "queste risorse per fare investimenti e creare lavoro".

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Anche CNA detta la sua ricetta: "È assolutamente necessario ridurre in maniera più incisiva la tassazione su artigianato e PMI intervenendo contestualmente, sia a livello centrale che locale, su quella miriade di adempimenti spesso ripetitivi e inutili che però riversano, sulle imprese, costi indiretti elevati e tali da penalizzarne la produttività. Ma è l'IMU sugli immobili strumentali a mantenere il primato  dell'imposta più ingiusta. Va infatti considerato che gli immobili delle imprese subiscono un ulteriore tassazione "grazie" alla quasi totale non  deducibilità dell'IMU dal reddito d'impresa e dall'IRAP".

"In Italia un'ora di lavoro costa mediamente a un'impresa 28,3 euro, meno della media dell'Eurozona (29 euro) ma più della media Ue (24,6 euro), che comprende Paesi molto meno cari per le imprese e dove quindi si tende a delocalizzare, come Bulgaria (3,8 euro per ora) o Romania (4,6 euro per ora). In Italia il 28,2% del costo del lavoro è determinato da fattori non legati allo stipendio dei dipendenti, come i contributi pagati ai lavoratori. In questo l'Italia sconta un gap competitivo nei confronti della Germania, dove i costi non salariali pesano solo per il 22,3% ma non della Francia (33,1%), che vanta un non invidiabile record europeo. Il nostro Paese è comunque il terzo più "caro" nella Ue per costi non salariali dei salari dietro appunto alla Francia, e alla Svezia (31,6%)".

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Ma a pesare sulle imprese non c'è solo il costo della tassazione sul lavoro. Incidono pesantemente numerose altre forme di tassazione, soprattutto quelle legate al numero dei dipendenti e alle dimensioni dei capannoni impiegati per la produzione.

"Continua ad essere pesante la pressione fiscale in Italia a carico delle imprese: il Fisco arriva a pesare fino all'80% sulle società".

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In molti sostengono, e Renzi sembra condividere questa tesi, che il settore edile è il motore dell'economia italiana. E' una affermazione priva di qualsiasi fondamento. Un giovane, una giovane o una coppia penseranno di acquistare una casa solo dopo che avranno trovato un lavoro e un lavoro sicuro, in grado di permettere loro di ottenere un mutuo.

Non solo. Una economia che continua a costruire case, supermercati e centri commerciali, ma non è in grado di sviluppare una struttura produttiva solida e diversificata, è una economia destinata a implodere su se stessa in poco tempo, cosa peraltro già sperimentata sia in Italia che all'estero.

Lasciamo perdere il consumo di territorio, la cementificazione e la perdita di naturalità, tutti termini dei quali questo governo non conosce il significato.