Parte con questo articolo un'analisi sulla web economy. Guerra tra poveri, tassisti furibondi contro abusivi. Ristoratori contro turisti ricattatori e scrocconi. Protettori di baronati anacronistici contro seguaci del-nuovo-che-avanza. Entrambi i fronti in torto, entrambi sconfitti in partenza.

 

Parte con questo articolo un'analisi sulla web economy, quella branca di economia che si basa su internet, che già nel 2001 fece scoppiare fragorosamente una gigantesca bolla, e che ora di nuovo riempie la bocca dei politici di destra (per esempio quelli del PD) ansiosi di fare riforme che favoriscano questo insensato ciclo economico.

Qualcuno la chiama, con ragione, l'economia a costo marginale nullo. È una vera iattura per la stragrande maggioranza dei cittadini del mondo, perché comporta la perdita di una quantità sterminata di posti di lavoro, perché ci rende più schiavi e monitorati da un sistema non soggetto a controllo democratico, perché accelera il riscaldamento globale e la distruzione del nostro ecosistema, senza per questo migliorare la qualità della nostra vita.

Ma c'è qualcuno a cui questo sistema farà un sacco di bene: li renderà ricchi e potenti come mai nessuno è mai stato. Per cui sviluppare un sentimento critico nei confronti di questo ciclo economico è estremamente difficile, nel mare dell'entusiasmo creato ad arte dell'informazione mainstream, e da qualche beota che ci è cascato. Noi ci proviamo.

Scena prima. Interno notte. Cena con la moglie in una pregevole trattoria in un paesino sperduto nel sud-est del Salento. Qualità del cibo eccellente, luogo bellissimo, prezzo basso: da quelle parti gira così.

Allegato alla ricevuta, un foglietto che mi prega di recensirli su Trip-qualcosa. Cestinato immediatamente: il mio telefonino è del 2000, e la prossima volta che sarò davanti a un computer avrò già dimenticato menù, nome del ristorante e anche del paesino. Sono in ferie, cribbio!

Epperò questo è un segno di come stia cambiando l'economia: esiste un organismo, in questo caso Trip-qualcosa, un'azienda privata, che si è misteriosamente conquistato l'autorità che i gestori (tutti, anche le trattorie di Presicce!) guardano con terrore, e gli utenti con smisurata fiducia.

Dal punto di vista sistematico, questi hanno trasformato l'umanità in due enormi fonti di guadagno: da un lato gli utenti si prestano gratuitamente a compilare meticolosamente il più grande catalogo di ristoranti/bar/alberghi del mondo, e a fungere da sterminato bacino pubblicitario, dall'altro ci sono i gestori, letteralmente sotto ricatto, ma che possono rimediare alle recensioni negative acquistando pubblicità. Il cerchio è chiuso.

In mezzo c'è Trip-qualcosa, che investendo cifre inferiori a quelle di ciascuno dei loro vessati ristoratori, hanno realizzato un impero: oggi il mostro fattura 1,3 miliardi di dollari/anno. Costi vicini allo zero, quindi utili da capogiro.

La recente sanguinosa diatriba tra tassisti e Uber è un'altra manifestazione dello stesso cambiamento in atto dell'economia mondiale. Uber è il produttore di una app (si chiamano così i programmi che funzionano sugli smatrtphone) che, per fornire un servizio di trasporto automobilistico privato, ha operato in maniera leggermente diversa.

Invece di mettere sotto ricatto i tassisti, li ha scavalcati, utilizzando una marea di sottoccupati o disoccupati automuniti, forniti a un costo nemmeno tanto competitivo, incassando (attraverso la app di cui sopra) l'importo direttamente dal cliente.

Come i cari e vecchi caporali della nostra peggiore tradizione agricola, Uber tratta direttamente coi clienti, e decide arbitrariamente chi far lavorare e a che tariffe, gestendo in prima persona il sofisticato sistema di pagamenti.

La questione è balzata agli onori della cronaca a causa della prevedibile reazione furente dei tassisti, che ha portato alla luce il sistema perverso che regna da sempre nel trasporto privato in Italia. Licenze contingentate, oggetto di compravendita a prezzi esorbitanti (questo è il costo oggi di un posto di lavoro protetto), che devono essere ammortizzati in molti anni. E adesso arrivano questi startàp a rovesciare il tavolo!

Per questo la politica e la giustizia devono prendere una posizione: o continuare a proteggere quello che è evidentemente un baronato anacronistico, oppure prendere atto del cambiamento e provare a normarlo.

Il provvedimento del tribunale di Milano contro Uber-pop va evidentemente nella prima direzione, ma è interessante vedere come la questione, soprattutto a livello di opinione pubblica, non sia affatto chiusa.

Eh, sì, perché i simpatici caporali di Uber hanno fior di seguaci, quelli che vogliono startappizzare la società, ovvero trasformare qualunque aggregazione di giovani disoccupati nel futuro Google, o Facebook.

La nuova destra (Confindustria e renziani) sta lavorando fittamente su questa riedizione in chiave web 2.0 del sogno americano. Se non trovi lavoro, inventatelo, risuonano in maniera martellante tutti i media. E via di scoop giornalistici sulla tizia che lava a domicilio i pannolini smerdati, o sul tale che si inventa, sai la novità, un'agenzia interinale via web.

Inventarti il lavoro, caro giovane, significa diventare a tua volta Mark Zuckerberg, Bill Gates, Sergey Brin. Oppure comprarti un auto e aspettare che Uber ti passi qualche commessa. Peccato che in questo sistema economico, che Erik Brynjolfsson e Andrew Mcafee (The Second Machine Age, 2014) chiamano "The Winner Takes It All", non ci sia spazio per i secondi arrivati, figuriamoci per i terzi o quarti. E ridursi a fare da serbatoi di manodopera sottopagata per questi colossi non è umanamente (né economicamente) accettabile.

Come detto, "In linea di principio consideriamo il salario di un dollaro l'ora inaccettabile," sostengono Brynjolfsson e Mcafee, economisti del MIT. "Ma in uno schema estremo tipo "The Winner Takes It All" il salario di equilibrio potrebbe essere pari a zero: anche se offrissimo gratis l'incisione di "Satisfaction" suonata da noi, la gente preferirebbe pagare 99 cent (il prezzo iTunes di Apple per una traccia canora – n.d.r.) per la versione cantata da Mick Jagger. Nel mercato della musica, i Rolling Stones possono fare a costo zero infinite copie digitali del loro pezzo, ciascuna delle quali sarà preferibile alla nostra esecuzione."

Su una cosa gli startàppizzatori hanno ragione: questo è purtroppo un processo irreversibile, e cercare di proteggerlo con baronati e rendite di posizione, oltre che ingiusto per chi resta fuori, è un atto di cortissimo respiro.

Una possibile soluzione potremmo cercarla ispirandoci a Erri de Luca: il gigante è enorme e fortissimo, ma ha i piedi di argilla. Proviamo a sabotarlo.