Due alberi molto comuni e molto simili, almeno all'apparenza. Il carpino nero è l'albero più diffuso nella zona collinare e prealpina veneta e quest'anno è facilmente riconoscibile.

Durante questa estate molti di noi hanno notato che i boschetti collinari e pedemontani assumevano progressivamente la colorazione tipica delle foglie secche. Qualcuno ha certamente pensato che le piante stessero soffrendo e che le foglie stessero seccando. In realtà la colorazione bruciata non era dovuta alle foglie secche, ma ad una straordinaria produzione di frutti, sarebbe più esatto chiamarle infruttescenze (piccole "pignette" provviste di coppie di brattee che nascondono il seme). Non siamo in grado di capire perché quest'anno i carpini abbiano prodotto così tanti frutti, ma sappiamo che tutte le piante si sviluppano e producono frutti con un andamento ciclico.

Ogni anno che passa è diverso dal precedente. Oltre alle differenze prodotte dai cambiamenti climatici, che possiamo valutare solo sulla base di una lunga serie di rilevamenti, ci sono le differenze dovute alle variazioni stagionali: picchi di caldo e di freddo, periodi più o meno lunghi di piovosità o di siccità, grado di umidità o di smog presente nell'aria, forza e direzione dei venti, ecc.

Queste differenze producono dei fenomeni di una certa importanza nella vita di tutti gli esseri viventi. Lo scorso anno abbiamo assistito impotenti alla moria dei cipressi nella nostra come in altre regioni italiane. Il 2014 fu l'anno terribile delle viti. Le piogge continue e la mancanza di sole misero a dura prova quasi tutte le specie di vite, che in queste condizioni vengono facilmente attaccate da virus, funghi e batteri. Quest'anno abbiamo assistito ad una fioritura straordinaria del carpino nero, con la conseguente sovrapproduzione di infruttescenze, che durante l'estate sono maturate prendendo quella particolare colorazione che vediamo nella foto sotto al titolo.

I frutti del carpino bianco sono decisamente diversi da quelli del carpino nero e questa è la stagione giusta per scoprire la differenza direttamente nel bosco (vedi foto 1 a fine articolo: sx c. bianco,  dx c.nero).

Ostrya carpinifolia - Carpino nero – Betulaceae.

Ostrya: dal greco "ostreia" = "ostrica": con riferimento ai frutti formati da capsule aggregate simili a conchiglie.


Pianta alta fino a circa 20 m, ma talvolta anche con portamento arbustivo. Corteccia liscia di colore bruno nelle piante giovani, marrone-grigiastra molto screpolata nei fusti adulti, con evidenti placche longitudinali facili a distaccarsi (foto 4). Legno rosso-bruno alquanto duro. Infruttescenza a piccolo grappolo formata da un insieme di cupole vescicolose prima biancastre poi color ocra (1,5-2 cm) coperte di peli irritanti (vedi foto 2).

Il carpino nero resiste bene alle temperature estreme sia in estate che in inverno e non soffre la siccità. E' una specie molto diffusa in tutto l'areale mediterraneo, dal Mar Nero fino alla Francia. Preferisce i suoli di origine calcarea, tipici di tutta la zona collinare-pedemontana, ma è presente anche su terreni silicei. Ama gli ambienti termofili e xerofili, è pioniero nella evoluzione da prato arido a bosco, lo troviamo facilmente associato con orniello (Fraxinus ornus), roverella (Quercus pubescens), leccio (Quercus ilex). Nella fascia montana - da circa 700-800 a 1100-1200 (anche 1500) m – possiamo ritrovarlo assieme al faggio (Fagus sylvatica), al pino nero (Pinus nigra) a al pino silvestre (Pinus sylvestris). Non ama il clima continentale umido tipico della pianura e i terreni argillosi.

L'impiego più frequente del legno era ed è ancor oggi come combustibile, di ottima qualità e rendimento, anche previa trasformazione in carbonella. Per avere produzione costante e regolare di legna quasi sempre la specie viene governata a ceduo, sfruttando la sua elevata capacità di produrre numerosi polloni al colletto dopo il taglio. Ha un apparato radicale robusto ed abbondantemente provvisto di micorrize, importanti per la produzione di funghi e tartufi (vedi foto nella galleria a lato).

Tra le poche notizie antiche concernenti il carpino ed inerenti gli usi magici, nel XII secolo si ritrova una credenza secondo la quale sotto il carpino si era al sicuro dal vento, dalle tempeste e dall'influenza nefasta degli spiriti maligni. Un po' come il sambuco.

Carpinus betulusCarpino bianco – Betulaceae.

Carpinus: dalla radice sanscrita "kar" essere duro e dal latino "pínus" pino. Betulus: da "Bétula" betulla: simile alla betulla.


Il carpino bianco si distingue dal carpino nero per la corteccia grigio-cinerina priva di lenticelle e di placche, con lunghe scanalature verticali (foto 5), foglie decisamente ovate-ellittiche, amenti maschili e femminili più brevi (<4 cm) e frutti in acheni parzialmente ricoperti da una vistosa brattea a 3 lobi, di cui il centrale più lungo e largo dei laterali (vedi foto 3). Il legno ha un colore bianco opaco, è duro ed è un ottimo combustibile. Veniva usato anche per costrire attrezzi sottoposti all'usura: manici, ruote dentate e parti di telai

Preferisce i suoli umidi e gli ambienti mesofili = a metà strada fra arido (xerofilo) e molto umido (igrofilo). Lo troviamo associato al carpino nero, orniello, farnia, acero montano, frassino, faggio, olmo, castagno.

Le due specie (carpino nero e carpino bianco) vengono facilmente confuse tra loro e anche con l'olmo e con il faggio (il tronco del faggio è molto simile a quello del carpino bianco). In realtà la foglia dell'olmo ha una caratteristica che la rende riconoscibile anche ad un occhio inesperto: l'attacco della foglia sul picciolo è asimmetrica. La foglia del faggio ha una superficie lucida, contrariamente alle foglie dei carpini, che hanno una superficie superiore pubescente (pelosa/ruvida).

In comune con la betulla (Betula), con l'ontano (Alnus) e con il nocciolo (Corylus avellana), tutti appartenenti alla famiglia delle Betulaceae, hanno gli amenti primaverili, che scendono penduli dai giovani rami.

 

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