il dott. Massimo Valsecchi ha inviato ai quotidiani veronesi le sue riflessioni sui recenti interventi della Magistratura in 2 casi di licenziamento di dipendenti pubblici.

Due anni or sono l'ULSS 20 concluse una complessa indagine interna che evidenziò che tre suoi dirigenti medici , operanti presso il servizio di contrasto delle tossicodipendenze, avevano commesso una serie di gravi irregolarità che vennero denunciate alla Procura della Repubblica.

In attesa della valutazione della magistratura, l'azienda attivava verso i tre dipendenti l'iter di contestazione disciplinare previsto dal contratto nazionale che si concludeva con il loro licenziamento.

I tre dirigenti ricorrevano contro questo provvedimento al Tribunale del Lavoro che disponeva che venissero riassunti dall'ULSS e questo non perchè le accuse causa del licenziamento fossero inesistenti od insignificanti ma per un vizio di forma nell'atto di licenziamento stesso. Veniva contestato, infatti, che la firma dell'atto di licenziamento era del Direttore Generale su indicazione del Responsabile dell'ufficio disciplinare e non del Responsabile dell'ufficio disciplinare stesso.

L' azienda procedeva quindi alla riassunzione dei tre dipendenti e alla loro ricollocazione nell'attività lavorativa con le difficoltà che ognuno può immaginare.

Il tutto si verificava nel completo silenzio della politica locale (maggioranza ed opposizione) che ufficiosamente valutava il licenziamento una sorta di accanimento personale nei confronti dei tre professionisti.

L'ultimo (per il momento) atto di questa rappresentazione si ha lo scorso mese di maggio quando i tre riassunti dipendenti vengono arrestati dalla Procura della Repubblica sulla base delle stesse imputazioni che avevano generato il loro licenziamento.

E' seguito da parte dell'ULSS, ora diretta da un nuovo direttore generale, un secondo provvedimento di sospensione dal servizio.

Il secondo evento riguarda, invece, l'Agec , importante azienda municipalizzata del Comune di Verona.

All'interno di questa azienda venne infatti prima arrestato e poi processato e condannato il direttore dell'azienda stessa.

Vennero nominati un nuovo direttore e un nuovo presidente che procedettero al licenziamento del dipendente condannato.

Nell'opera di riordino aziendale che seguì emersero ulteriori elementi di illegittimità nella conduzione dell'ente e così la nuova direttrice provvedeva a denunciare , per questi nuovi fatti, nuovamente l'ex dipendente che venne ,in effetti, processato e condannato per i nuovi reati contestatigli.

A questo punto anche questo dipendente si rivolse al Tribunale del Lavoro che noncurante della sentenza di condanna già emessa in merito alle accuse che avevano indotto l'ente a licenziarlo, dichiara nullo il licenziamento per irregolarità formali.

L'Ente forte della seconda sentenza di condanna si oppone alla riassunzione e, per il momento la cosa finisce qui (nel consueto assordante silenzio della politica locale con la consueta valutazione ufficiosa che si sta operando con accanimento ingiustificato nei confronti di un lavoratore) .

Mi scuso per la noia della lunga ricostruzione ma mi pare importante comunicare la sensazione di sgomento che un normale cittadino prova di fronte a questo tipo di modalità operative della magistratura che appaiono sempre più lontane dalle esigenze di buon funzionamento della pubblica amministrazione e sempre più rinserrate in logiche formali.

E' largamente diffusa nell'opinione pubblica la convinzione che all'interno della pubblica amministrazione gli inetti ed anche i disonesti siano tacitamente tollerati.

So, anche per esperienza personale che così non è (almeno non sempre).

Circa vent'anni or sono esercitavo le funzioni di Direttore Sanitario della locale ULSS e in quel ruolo ho chiesto il licenziamento di un medico che aveva gravemente violato i suoi obblighi di assistenza danneggiando una paziente.

Alla mia richiesta l'accorto direttore del personale mi rispose : "proviamo pure ma vedrai che non ce la fai".

Denunciammo alla Magistratura il dipendente e procedemmo al licenziamento ; il medico fece ricorso al TAR Veneto che respinse una sua prima richiesta di sospensione del provvedimento e, subito dopo , dichiarò legittimo il licenziamento che avevamo operato . A quel punto considerammo chiusa la vicenda ed assumemmo un nuovo medico per sostituirlo senonchè il licenziato fece ricorso al Consiglio di Stato che ci impose di riassumerlo cautelativamente.

Dovemmo così ampliare la pianta organica per farlo rientrare e pagargli tutti gli stipendi arretrati.

La profezia del direttore del personale si era rivelata esatta ed esercita ancora, appieno, la sua efficacia.

Solo l'ostinata determinazione femminile messa in atto in questi ultimi due episodi è riuscita ad attivare un'operazione di pulizia lungamente attesa ma è evidente che se licenziare un dipendente pubblico che lo merita richiede uno sforzo titanico di mesi di lavoro e un diffuso ostracismo politico ben pochi dirigenti saranno indotti a seguire questi esempi.

Verona, 5 luglio 2016 Dott. Massimo Valsecchi