La città è più eco-amichevole della campagna. Prima le ricerche sugli uccelli, ora quelle sulle api: l'ambiente urbano è un incubatore di biodiversità migliore rispetto all'ambiente degradato che c'è fuori. La rivincita degli ecofighetti.

Ricerche effettuate sulle api urbane in molte metropoli del mondo confermano che l'ambiente urbano, se correttamente gestito, può essere ben più naturale di quello di campagna.

Devo confessare: sono sempre stato convinto e annichilito da tutta la retorica dei cacciatori, o quella dei rudi montanari, o ancora quella dei contadini "scarpa grossa e cervello fino", in contrapposizione alla figura del cittadino radical-chic, pieno di buone intenzioni, ma parolaio.

Mi considero ambientalista, ma quando mi rimproverano che considero la natura selvatica solo come sfondo delle mie passeggiate domenicali, in qualche modo colpiscono nel segno.

Non sono immune da un senso di vergogna quando un cacciatore mi fa notare che è molto più amante della natura di me, visto che per essa (la natura) si alza ben prima che albeggi, e per essa affronta freddo, terreno ghiacciato e altre scomodità. In fondo, passa nei boschi, a contatto con la natura selvatica molto più tempo di quanto non ne passi io. Poco importa il fatto che lui lo faccia con un fucile in mano, e che se vede un capriolo attraversargli la strada, invece di tremare dall'emozione come faccio io, lui lo ammazza. Che ne so io della vera passione per la natura?

Parimenti mi zittisco dopo aver protestato con un contadino che sparge Roundup e chissà quali altre schifezze, se questo mi accusa di essere un cittadino, ambientalista da divano e pantofole, che parla di agricoltura senza saperne, che non sa che senza questi preziosi mezzi tecnici è impossibile far nascere alcunché. Poco importa che ci siano migliaia di contadini che, armati solo di buonsenso e giusto un pizzico di tecnologia, coltivano da trent'anni senza far uso di pesticidi, guadagnando sicuramente più dei loro colleghi convenzionali. Poco importa se chi mi rimprovera è legato a doppio filo alle multinazionali della chimica, schiavo inconsapevole di una conoscenza solo parzialmente rivelata.

E sono intimidito anche dal rude montanaro della Lessinia, che vorrebbe dare la caccia ai lupi, e che si incazza se dico che potrebbe essere una fortuna anche per loro se i lupi attirassero sulle nostre montagne un po' di ambientalisti della domenica, radical-chic, divanisti, pantofolai e tutto il resto. In fondo, che ne so io delle vacche divorate da quelle fameliche bestie? Poco importa se, da secoli, in altre zone, allevatori montanari come loro convivano col lupo, semplicemente adottando qualche accorgimento. Che so? Un cane, o dei recinti...

Il troppo poco tempo che passo in mezzo alla natura mi frega, il lavoro da terziario avanzato che mi dà da vivere mi frena la lingua, e il senso di colpa mi attanaglia. So di avere buone ragioni, ma soffro un casino la mia condizione di cittadino saccente. Non è un caso che io abbia dedicato una serie copiosa di articoli (vedi la colonna qui a destra) all'antipatica categoria degli ecofighetti, di cui sono purtroppo un elemento.

Per tutti questi motivi, quando leggo notizie come quella pubblicata su riusa.eu, mi prendo una piccola rivincita. Secondo l'articolo Rifugi urbani per le api, le città sarebbero incubatori di biodiversità addirittura migliori rispetto alla campagna, devastata da pesticidi e monocolture.

Vi leggiamo che "le macchie di fiori, nei parchi, nelle proprietà residenziali, nelle piantagioni comunitarie e nei lotti non edificati, alimentano popolazioni sorprendentemente sane di api," e che le "api urbane sono più bio-diverse e abbondanti di quelle al di fuori della città."

Tutto nasce dal fatto che "la popolazione di api [...] è diminuita assai bruscamente nella fascia del mais," proprio grazie al Roundup e intrugli simili somministrati dall'amico contadino di prima, senza i quali "non crescerebbe niente." L'agricoltura fa più danni del cemento, anche se i danni agricoli sono più reversibili. Un vigneto inquina ben più di una fabbrica chimica (che in genere esiste anche perché esistono i vigneti).

È in questi momenti che mi sento fieramente amante della natura. Per essere ecologisti, non occorre svegliarsi alla cinque del mattino e andare a far mattanza di caprioli. Tiè!