Siamo dentro la sesta estinzione di massa nella storia del nostro pianeta, ma ci preoccupiamo solo di lupi, orsi e cinghiali.

Segnali preoccupanti dal mondo scientifico mostrano un collasso in atto degli insetti, sia nel Vecchio [A] che nel Nuovo mondo [B]. Le cause sono svariate: vanno dal riscaldamento globale all'uso massiccio di pesticidi in agricoltura. Ciò ha ovviamente pesanti(ssime) ripercussioni sul resto della biosfera che dagli insetti dipende, in primis anfibi e uccelli [B]. Dal biblico Creato primordiale, si è passati, in qualche milione di anni di evoluzione umana, al Distrutto. Se Dio è morto con Nietzsche, il conseguente Superuomo, sicuramente meno previdente, né ha pure fatto fuori tutte le opere in breve tempo. Anche da noi le menti naturalistiche più sensibili hanno notato una evidente contrazione numerica nei gruppi citati.
Un esempio, magari un po' banale, che tutti stanno sperimentando è la comparazione degli insetti spiaccicati sul tergicristalli tra gli anni '70 del secolo scorso ed ora. Ricordo che da bambino in tarda primavera nel tratto di autostrada Verona – Firenze papà si fermava per pulire il vetro agli autogrill di Campogalliano e Roncobilaccio. Ora non c'è più questa esigenza. Ma si possono portare altri esempi, come la differenza nel numero di catture di uccelli nelle reti degli inanellatori (cioè coloro che mettono un anello alla zampa degli uccelli catturati per scopi di studio, soprattutto delle rotte di migrazione, per conto di ISPRA, Istituto Superiore per Ricerche Ambientali) tra gli anni '80 (sempre del secolo scorso) ed il presente (esempio della Palude del Busatello, comunicazione di Marco Pesente). Qualcuno, per spiegare il fenomeno, parla anche di riorganizzazione della catena trofica, cioè semplicemente in un dato luogo alcune specie se ne sono andate (e quindi si vedono meno uccelli di tali specie), altre –nuove- sono arrivate. La catena o rete trofica è quella piramide in cui alla base stanno gli organismi produttori di materia organica, le piante, seguita al livello superiore dagli erbivori cioè gli organismi (insetti, mammiferi erbivori, uccelli, uomo, …) che si cibano delle piante; seguita dai carnivori, cioè gli organismi (insetti, mammiferi carnivori, uccelli, uomo) che si cibano degli erbivori.

Ma che percezione ha il grande pubblico, qui da noi, della situazione naturalistica in atto?
Un barometro abbastanza affidabile è il giornale locale, L'Arena.
Molto spesso compaiono articoli sui cosiddetti nocivi, cioè animali che causano danni all'economia umana (agricoltura, zootecnia, piscicoltura) . Quindi si dedurrebbe una (forte) espansione di ardeidi (aironi), cormorani, gabbiani, cornacchie, nutrie, cinghiali, camosci, orsi e, naturalmente, lupi.
In alcuni casi (cinghiali) si ha quasi l'impressione che la città di Verona sia cinta d'assedio da orde di pericolosi animali (http://www.larena.it/home/video/news/cinghiali-a-fumane-1.6989107); vengono indette pure inchieste presso il pubblico per conoscere episodi di avvicinamento ai centri abitati (http://www.larena.it/territori/est/i-cinghiali-si-spingono-sempre-pi%C3%B9-a-valle-inviate-segnalazioni-1.7039260). Qualche giorno fa ha destato scalpore l'aggressività dei gabbiani di Venezia, tanto da riesumare le paure descritte nel film "Uccelli" di Alfred Hitchcock.

Come si è giunti a questa situazione, in apparente contrasto con la premessa iniziale e che crea un'evidente e pericolosa illusione?
Concentriamoci sui mammiferi, riportando per questo gruppo, come doverosa premessa, quanto detto in [C], a pag. 10 della prefazione, a livello planetario: "Sulla terraferma, se pesiamo tutti i grandi mammiferi, presenti sul pianeta oggi, soltanto il 3 % di questa massa vive allo stato selvatico. Il resto è costituito dal peso della popolazione umana per circa il 30 % del totale e dagli animali allevati di cui ci nutriamo per il rimanente 67 %." Cioè su tutta la Terra il peso (in kg) complessivo dei grandi mammiferi che vivono allo stato selvatico è irrisorio rispetto al peso complessivo dell'umanità, cioè la somma del peso dei 7 miliardi di uomini e degli animali di cui si nutrono questi 7 miliardi. In poche parole, stanno scomparendo i grandi mammiferi selvatici!

Appena finita la Seconda Guerra Mondiale, la situazione ecologica nostrana era per certi aspetti desolante. Colline e montagne, fatte salve le zone più ripide e impervie (le valli strette e scoscese denominate in dialetto "vai") erano quasi completamente pelate (lo si vede bene dalle foto della collina veronese e della Lessinia riportate nelle pubblicazioni di Eugenio Turri, vedere [D], ad esempio), per l'assoggettamento ad agricoltura e pastorizia. Catena trofica quasi rasa al suolo: sterminati sia il basso (cinghiali, camosci, cervi, marmotte) che l'alto (aquile, avvoltoi, orsi e lupi) livello, cioè i due livelli degli erbivori e dei carnivori della rete trofica, definiti in precedenza. L'ultima aquila del Baldo, sparata a fine anni ‘50, si può, per così dire, ammirare al Museo del Castello di Malcesine; la storia dello sterminio di lupi e orsi negli ultimi tre secoli in Lessinia si può leggere in un bel libro di Attilio Benetti [E].

Cos'è successo da inizio anni '50 ad oggi? Semplicemente l'industrializzazione, l'urbanizzazione e il consumismo hanno causato l'abbandono da parte dell'uomo della collina e della montagna, attratto dai centri di sviluppo economico: si è così costituita la Megalopoli padana (Turri). Conseguentemente, mancando il fattore distruttivo (e ovviamente facendo uso di altri tipi di risorse – non rinnovabili, cioè passando dal legno al gas naturale, al carbone e al gasolio), i boschi e le foreste delle Alpi hanno potuto prendere fiato e negli ultimi settanta anni hanno aumentato la loro superficie del 30, 40%. Contemporaneamente sono partite politiche sia di reintroduzione di animali, soprattutto degli ungulati (il centro di diffusione dei cervi nelle Alpi è stata la zona di Paneveggio, a partire da inizio anni Sessanta), che della loro protezione. A partire dagli anni 70, il lupo è strettamente protetto da più convenzioni, sia a livello internazionale che nazionale. Un lungimirante atto da parte della Comunità Europea (che per altro tenta di recuperare a fatica con una mano quello che distrugge con l'altra) è stata l'introduzione della rete Natura 2000, cioè di un insieme di aree (blandamente) protette. Il concetto fondamentale di Natura 2000 è la diffusione nel territorio, cioè la capillarità di queste aree (solo nel Veronese ce ne sono 22). A differenza del concetto protezionistico di inizio Novecento, dove si istituiva il Parco per proteggere la singola specie, ora si proteggono gli habitat (paludi, fiumi, laghi, foreste, praterie) per proteggere TUTTE le specie che appartengono a questi habitat. Nella dinamica di aumento di erbivori e rapaci ha inoltre influito il dimezzamento dei cacciatori, passati in un trentennio circa da 1500000 unità agli attuali 700000: specie in estinzione e che meriterebbe l'attenzione di qualche associazione ambientalista!

Solo che la citata reintroduzione (sia istituzionale che favorita da alcune categorie, come i cacciatori appunto) operata dall'uomo, se da un lato ha avuto l'indubbio merito di aver tentato di ricostruire la catena trofica, dall'altro ha privilegiato le specie "buone" (dal punto di vista umano), che a lungo andare, basandosi su un "equilibrio" dinamico del tutto artificiale, hanno mostrato evidenti disequilibri. E così per i cervi nel bellunese (Cansiglio) o in alcune zone del Trentino, i camosci sul Baldo e, ovviamente i cinghiali un po' ovunque qui da noi. Nel Veronese il cinghiale (si veda [F]) faceva parte della fauna autoctona; considerato estinto a fine Settecento, sembra essere sopravvissuto con esigui nuclei alle porte della Val d'Adige [F]. Dagli anni '80 del secolo scorso una (sotto)specie non autoctona è stata massicciamente introdotta nella riserve faunistiche e da qui è stata, più o meno deliberatamente, fatta fuggire. La pistola fumante si rinviene ad esempio in una pubblicazione sui sentieri di Montorio e della Valsquaranto [G], dove si parla della fuga di cinghiali da una riserva faunistica a fine anni Ottanta.

I grandi predatori hanno ovviamente trovato accoglienza ambivalente presso il grande pubblico, scarsa soprattutto nelle popolazioni a contatto con questi animali, un po' più favorevole nelle città. Nel caso nostro, l'orso è stato reintrodotto con un Progetto LIFE (la parte attuativa di Natura 2000) nel Parco Adamello – Brenta: l'originario nucleo, in pericolo di estinzione, è stato rimpolpato con orsi provenienti dalla Slovenia.
Invece il lupo, grazie alla sua etologia e al fenomeno della dispersione è arrivato qui da noi in Lessinia nel 2013, in maniera assolutamente spontanea, cioè grazie alle proprie zampe, quantunque si continui ad affermare il contrario ("progetti di ripopolamento mirato"), nonostante gli evidenti dati dei radiocollari. L'arrivo ha realizzato, tra l'altro, un sensazionale evento biologico: il rimescolamento genetico, dopo centinaia di anni, di due popolazioni di lupo, l'italiana e la dinarica. Da allora (2013) centinaia di articoli su L'Arena a denunciare la difficilissima convivenza tra il lupo e gli abitanti della Lessinia.

Quando invece la Natura fa il suo corso, cioè la riorganizzazione della catena trofica avviene in modo naturale, succedono cose molto interessanti e che hanno effetti impensabili in fase di progettazione; qui di seguito riportiamo un esempio preso da [C], ma la stessa storia si può leggere anche in [H], ad esempio. "Un esempio spettacolare di rinaturalizzazione è il ritorno dei lupi nel parco di Yellowstone, negli Stati Uniti, nel 1995. I lupi predano le alci. La riduzione del numero di alci ha permesso lo sviluppo delle giovani pianti di salici, pioppi tremuli e pioppi neri, non più divorate dagli alci, in particolare durante l'inverno. Poi sono tornati i castori, che dipendono dagli alberi. I castori hanno costruito dighe e creato stagni, che hanno modificato ulteriormente l'ecosistema permettendo alle falde acquifere sottostanti di iniziare lentamente a ricaricarsi, facendo salire il livello freatico. Le dighe dei castori hanno anche appianato gli impulsi stagionali di deflusso superficiale e fornito acque più fresche in punti ombrosi, un nuovo habitat per diverse specie di pesci. Le foreste di salici poi sono state popolate da molte specie di uccelli. L'inserimento dei lupi nel parco di Yellowstone non è stato come un viaggio nel tempo – il nuovo ecosistema è diverso da com'era prima della scomparsa del lupo, avvenuta circa settant'anni fa – ma nel complesso ha fatto del parco un luogo più sano e con maggiore biodiversità."

Ovviamente non siamo negli USA, ma, paradossalmente (non diciamolo troppo forte), anche il lupo lessinico potrebbe avere un qualche effetto salutare sulla qualità delle acque. Paradossalmente, non essendoci più vacche in libertà, non ci sarebbero più deiezioni che percolerebbero in falda assieme agli antibiotici che si somministrano a questi animali e quindi cesserebbe l'inquinamento da nitrati (presenti nella pipì delle mucche), risolvendosi così l'annoso problema dell'inquinamento delle falde in Valpantena (vedi i dati dei pozzi di AMIA) sia quello dell'applicazione della Direttiva Nitrati. Cioè di quella Direttiva voluta a inizio Anni 90 dalla Comunità Europea per ostacolare l'eutrofizzazione (esplosione algale con conseguente moria di pesci) dei corpi idrici, dovuta all'immissione di azoto e fosforo proveniente appunto da pratiche agricole (concimazioni) e zootecniche.

Più realisticamente, invece, come ha detto il Dr. Cesare Avesani (del Parco Natura Viva) alla presentazione del libro "La saga di Wolfgang e Diana. 2 Primavera" di Alberto Franchi in Sala Farinati presso la Biblioteca Civica (9/2/2019), il lupo viene ad costituire un formidabile aiuto all'uomo nel controllo di quelle specie che sono andate fuori equilibrio e cioè cinghiali, cervi, ... Cioè il lupo rappresenta un "servizio ecosistemico", che dovremmo pagare profumatamente invece che avversare quotidianamente, anche con le fisime da Cappuccetto Rosso che abbiamo in testa.
http://www.laprovinciacr.it/video/cremona-e-il-cremonese/215907/video-lupo-cattura-e-divora-una-nutria-nelle-campagne-tra-caorso-e-zerbio.html?fbclid=IwAR3stZ_FdFqD4S1knb-iEdSLd9A7IJ2rHpcgJMyV_WrRivZBTo7sAStoOJo

Mentre in tutta la Terra le specie animali e vegetali sono in grandissima sofferenza, qui da noi abbiamo creato l'illusione di un ritorno in massa delle specie animali, tali da causare veri e propri assedi e "attentati" alla propria sicurezza personale.
Tuttavia non si faccia molto conto su tale illusione, perché anche da noi interi sistemi biologici, come laghi (Garda) e fiumi (Adige) sono estremamente inquinati e, di fatto, biologicamente morti: la presenza dei pesci in tali corpi idrici è assicurata annualmente dalle semine stagionali di avannotti provenienti dagli incubatoi.
Inoltre NON dimentichiamo il dato biologico fondamentale dell' epoca in cui stiamo vivendo (definita anche Antropocene, vedi [C]) , e cioè che siamo immersi nella sesta estinzione di massa (https://it.wikipedia.org/wiki/Estinzione_di_massa) della Storia terrestre.

Si ringrazia Ernesto Cavallini e Mario Spezia per correzioni e suggerimenti

Bibliografia
[A] Hallmann, C.A.; Sorg, M.; Jongejans, E. ; Siepel, H. ; Hofland, N.; Schwan, H.; Stenmans, W.; Müller, A.; Sumser, H.; Hörren, T.; Goulson, D.; de Kroon, H. (2017). More than 75 percent decline over 27 years in total flying insect biomass in protected areas . PLoS One, vol. 12, iss. 10, (2017), pp. 1-21, article e0185809
[B] Lister B., Garcia A. (2018). Climate driven declines in arthropod abundance restructure a rain forest food web. PNAS, vol 115 no 44.
[C] Lewis S.L., Maslin M.A., (2019). Il pianeta umano. Come abbiamo creato l'Antropocene. 359 pp, Einaudi.
[D] Turri E,. (2007). La Lessinia, Cierre Edizioni. Caselle di Sommacampagna (VR), 151 pp.
[E] Benetti A. (2003). Gli animali nella cultura popolare della Lessinia. I quaderni del parco. La Grafica, Vago di Lavagno (VR), 190 pp.
[F] Provincia di Verona, Servizio tutela faunistico ambientale (2010). Il cinghiale in provincia di Verona. 24 pp.
[G] Sandrini G., (). Escursioni. Montorio e Valsquaranto. Tra sorgenti e colline., Cierre Edizioni. Caselle di Sommacampagna (VR), 163 pp.
[H] Radinger E. (2018). La saggezza dei lupi. Sperling & Kupfer, 288 pp.