La globalizzazione è un sistema economico contro natura, nel senso che si regge solo con una forzatura sistematica degli equilibri naturali.

Questo vale per le merci, per le specie vegetali ed animali e per i popoli.

Nella Lessinia dei tempi andati era in voga un proverbio piuttosto perentorio:
"Né par vache né par done no passar le do colone"
Le due colonne erano due colonnette votive situate dopo i Venchi sulla strada per San Bortolo-Campofontana, che segnavano il confine tra taliani e zimbri.

Che la convivenza sia una cosa complicatissima è risaputo fin dall'antichità. Secondo i due proverbi che abbiamo citato scegliere un compagno/a proveniente dal proprio contesto socio/culturale dovrebbe rendere meno periglioso il trapasso attraverso l'istituto del matrimonio. Non abbiamo statistiche in merito e quindi sospendiamo il giudizio.

Con le mucche il discorso è più semplice. A partire dal XVI-XVII secolo sulle nostre montagne sono state prima selezionate e poi allevate alcune razze bovine che si erano adattate bene al clima ed alle condizioni ambientali della montagna. In genere si trattava di bovini di stazza decisamente minore rispetto ai bovini allevati attualmente. Basta visitare una delle vecchie stalle della Lessinia per capire che le vacche allevate oggi non avrebbero mai potuto entrare in locali così bassi e così angusti. Alcune di queste vecchie razze (Rendena, Burlina, Pezzata rossa, Grigia alpina) negli ultimi decenni erano quasi scomparse, ma ora stanno tornando in voga.

Negli ultimi 50 anni siamo passati dal predominio della Bruna alpina alla Brown Suiss (un incrocio americano della Bruna alpina con un'attitudine lattifera maggiore rispetto all'originale) e poi alla Frisona, che attualmente rappresenta il 90% dei capi di allevamento. La Frisona può produrre anche 90 litri di latte al giorno, ma ha bisogno di essere nutrita con mangimi industruali complessi, è molto delicata e non è adatta al pascolo.

La decisione di puntare tutto sulla produzione di latte è stata una decisione politica legata ai cambiamenti avvenuti nel mercato globale dei prodotti alimentari. Per sintetizzare al massimo possiamo dire che il mercato richiede una forte specializzazione, quindi una separazione netta fra chi produce latte, chi produce carne, chi lavora il latte (centrali del latte), chi produce prodotti caseari, ecc. In questa maniera è stata stravolta una tradizione consolidata che prevedeva l'allevamento di vacche di taglia medio-piccola, buone sia per il latte che per la carne, e contemporaneamente la lavorazione del latte con la produzione in proprio di formaggi. Di conseguenza le malghe e le contrade sono state abbandonate e gli alti pascoli oramai vengono utilizzati solo per l'alpeggio di vitelli e giovani manze, che, prive di guardiania umana, diventano facili prede del lupo.

Il prevalere del mercato globale ha poi portato una serie di conseguenze generali che ben conosciamo:
- l'affermazione generalizzata delle mononocolture, con l'impiego indiscriminato di prodotti chimici;
- la deforestazione progressiva del patrimonio boschivo per fare spazio alle monocolture e agli allevamenti intensivi;
- la difusione di specie alloctone invasive sia vegetali che animali. Si pensi al Senecio inaequidens, che ha colonizzato gli alti pascoli, o alla cimice asiatica, che da alcuni anni sta devastando i frutteti;
- l'utilizzo sempre più generalizzato di mezzi meccanici sia nella coltivazione che nell'allevamento, con la progressiva perdita di posti di lavoro;
- la sostituzione del fieno prodotto sul posto con il mangime industriale a base di proteine, carboidrati e integratori alimentari;
- l'emissione in atmosfera di una quantità impressionante di anidride carbonica e di altri gas serra e lo spargimento indiscriminato di liquami, urea, nitriti e nitrati sui terreni agricoli;
- la progressiva eliminazione di specie vegetali selvatiche e di specie animali, sopratutto insetti, anfibi e volatili;
- il continuo spostamento di merci da un capo all'altro del mondo;
- il continuo spostamento per business o per turismo di milioni di uomini da una parte all'altra del pianeta.

Questo processo di predazione delle risorse del pianeta sembrava e sembra tuttora inarrestabile. Eppure un piccolissimo virus uscito da non si sa bene dove è riuscito quasi a bloccare la macchina perfetta della globalizzazione. Fermi di colpo i trasporti, i commerci, le produzioni: i motori principali del mercato globale.

Nessuno di noi sa cosa succederà dopo. Quasi tutti pensiamo che fra tre mesi tutto riprenderà come prima, ma potrebbe non essere così, perchè questo cataclisma comporterà un enorme impoverimento globale e non è detto che gli stati sapranno far fronte a questa straordinaria perdita di risorse. In parole povere: non si possono spendere i soldi che non ci sono. E' molto probabile che saremo costretti a cambiare alcune delle nostre abitudini e che dovremo abituarci ad uno stile di vita molto meno dispendioso di quello in uso fino ad ora.

Non sarebbe poi così male se le malghe e le contrade di montagna venissero ripopolate e se tutti noi imparassimo ad accontentarci del necessario, a rispettare i ritmi naturali e a considerare il lavoro manuale una necessità vitale. Forse cambierebbe anche il rapporto che abbiamo, o meglio che abbiamo perso, con la "natura".

Alimentazione Vacca Frisona

L'impatto di agricoltura e allevamento sull'ambniente

Allevamenti intensivi