Sottrarsi al giogo della civiltà dell'auto non solo a parole, ma nei fatti, è cosa da pochi. Uno di questi è il nostro vate, che ci racconta la sua storia.

In "La Bella zoologia" Danilo Mainardi si sofferma sugli animali delle città. Parlando del granchio d'acqua dolce (Potamon fluviatile), che è stato incredibilmente rivenuto a Roma,  ci racconta che

" … Il caso dei granchi romani  è interessante e prezioso per la conservazione della specie. S'inquadra, oltre tutto, in un fenomeno generale e cioè che, in questo mondo spesso così ecologicamente disturbato, le città, con le loro speciali ecologie, possono fornire a tante specie appetibili nicchie. Proprio per ciò aumentano, anno dopo anno, i cosiddetti 'clandestini in città'. Gente che sta meglio ormai tra quattro mura che in una natura più matrigna che madre. "

Non c'è dubbio che pedoni e ciclisti siano degli (animali) clandestini in città. Soprattutto a Verona.  Ma a differenza degli animali veri, per loro la città è decisamente matrigna, essendo sottoposti alla dura, durissima dittatura delle auto. Illustrerò qualche esempio in seguito . Prima, qualche spiegazione.

L'idea balzana di non possedere un auto mi è venuta quando mi allenavo per i 100 e 200 metri. Allenamenti di anni, fatiche quasi sovrumane, palestra, pesi, … per raggiungere la velocità di 35 km/h per qualche decimo di secondo. Quasi il limite, cioè, permesso dalla termodinamica biologica all'uomo.

Allora, erano gli anni '80, guardavo incuriosito e dubbioso l'esercito di motorizzati che semplicemente sfiorando un pedale potevano raggiungere livelli di energia cinetica vertiginosi (permessi dalla termodinamica 'stupida', cioè quella della tecnologia umana).

Mi mancavano allora i nessi, gli agganci teorici. Vennero i '90: smisi atletica ma cominciai con la bici. L'intuizione non cambiava, però. Addirittura aumentava ai miei occhi, e a dismisura, quell'esercito! Veniva introdotta un'altra coordinata, quella verticale. La salita! L'arcana, la magica, la coinvolgente salita. La salita sinuosa, da avvinghiare con le  ruote e possedere eternamente.

Venne il nuovo secolo che mi portò Wiebke, mia moglie, che per quanto riguarda auto e dintorni la pensa forse in maniera più drastica (io qualche passaggio, sotto sotto, lo accetto). E infine venne Lorenzo, nostro figlio. E abbiamo cominciato  a gestirlo senza auto ("Ma come feto? Te si mato, poro picenin! Con tuto sto fredo…"). Sono andato a prenderlo in maternità in bici e Wiebke lo portava a piedi nel marsupio … Adesso frequenta l'asilo nido io lo porto a piedi al mattino (7 km andata e ritorno a piedi) e Wiebke lo prende al pomeriggio. 

Ma, c'è un ma. Dobbiamo fare i conti con la dittatura, implacabile con i suoi nemici.  Qualche esempio.  Tempo fa venivo da via Mameli, per proseguire attraversando il semaforo di via Ortigara. Una macchina è passata sulla pozzanghera; inzuppati io e la carrozzina. Provate a passare il semaforo tra  via Mameli e via Bassini, con le macchine che svoltano a destra con nessun pietà per chi è sulle strisce.

Ancora, in via del Bersagliere, impossibilitato a stare sul marciapiede con Lorenzo, perché disseminato di SUV. Svolta dalle Regaste un tizio a tutta velocità sfiorando me e la carrozzina. Ai miei insulti ad ogni ordine della sua parentela, mi mostra il dito. Faccio per corrergli dietro … Ma la termodinamica biologica nulla può contro quella stupida.

Altri due episodi recenti. Sempre sulle strisce con  il bocia tra via Torretta e via del Bersagliere. E' all'albeggiare, ma i lampioni mi illuminano bene.  Una tizia frena la sua lattina poco distante da me e Lorenzo … Infine le strisce tra via Lenotti e Piazza San Francesco di ritorno dall'asilo. Passo e sempre una donna mi fa il pelo  passando nel pertugio libero. Faccio cadere l'ombrello sul tetto della scatoletta di latta. E la signora abbassa istintivamente il capo. Neanche all'interno delle loro scatolette, si sentono sicuri!

Ma come me godo a fare quello che sto facendo. Dio, se me godo! Perché è una sfida contro il pensiero a senso unico. Contro il modello unico imperante.  Contro l'odiosa dittatura del gas di scarico. Così facendo  si apprezzano " le piccole cose", come diceva tempo fa Mario Spezia, che ad alte velocità nemmeno si vedono: gli arti non sono atrofizzati. In poche parole: vivo!

Negli ultimi tempi, tuttavia, la dittatura sta cominciando a mostrare crepe... Possiamo dirlo? Si, diciamolo. L'auto è morta! Questo concetto del XVII secolo, oggetto ("organum", alla Bacone) lineare e tempo variante. Che sta cominciando a fare i conti con il picco del petrolio, con la termodinamica del non equilibrio, con il climate change e l'aumento della CO2.

Affannosamente i sacerdoti del modello consumista accorrono al suo capezzale, cercando di rianimarla; e, assurdamente, anche i renitenti come noi devono contribuire all'ossigeno.

Pronunciare la parola AUTOnasia sembra quasi un delitto, più che altro con la povera Eluana. Ma volenti o nolenti, dopo essere scesi da cavallo, scenderemo anche dall'auto. E molto presto.