Ecco perché non sta decollando il nuovo partito a carattere familiare di Tosi e fidanzata. C'è un problema nel nome: FARE, FARI, sono nomi decrepiti, non dicono niente a nessuno. Ci vuole un nome diretto, chiaro, univoco.

Il riferimento al tricolore è perfetto: si tratta di un simbolo inconfondibile della destra italiana, anche se ultimamente la sinistra tenta di farlo proprio.

Il faro non c'entra niente: Tosi non ha mai illuminato nessuno. Tosi è uno che spacca, vedi le ultime elezioni regionali, e per spaccare serve un simbolo diverso. Noi un suggerimento lo diamo volentieri.

E poi il nome: nomen omen o anche nomina sunt omina. E chi sono gli uomini di Tosi? Andrea Miglioranzi, Fabio Venturi, Vittorio Di Dio, Massimo Mariotti, Marcello Ruffo, ecc.

Con uominii di questa portata non ci possono esser dubbi sul nome del partito.

D'altra parte sui principi fascisti Tosi è sempre stato chiarissimo: obbedienza cieca al capo (ne sa qualcosa Enrico Corsi, che ci manca moltissimo), eliminazione dei dubbiosi e dei recalcitranti (la lista è piuttosto lunga), "Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi" e qui la vicenda del traforo è "illuminante".

Il traforo non è un progetto, è un mantra che Tosi recita da anni a qualsiasi ora del giorno e della notte per sentirsi vivo. Finanziariamente è insostenibile, dal punto di vista ambientale è un disastro, non riduce i flussi di traffico complessivi, anzi li aumenta. Ormai Tosi è l'unico a crederci ancora.

Ma la nascita del nuovo partito ha portato una grande novità.

Il buon Sperotto, presidente del Comitato contro il traforo, è quasi caduto dalla sedia nel sentire che tra le proposte del nuovo partito di Flavio Tosi, c'è l'ampio ricorso ai referendum su qualsiasi tema, anche propositivo, addirittura senza quorum.

"Eppure ... solo qualche estate fa, nella calura e nel clima vacanziero, sono state raccolte ben 8.867 firme autenticate per indire, come previsto dal regolamento comunale, il referendum sul Traforo: il risultato di una lotta senza quartiere a colpi di ricorsi in tribunale – sempre vinti – contro il Comune e contro la volontà del Sindaco Tosi che hanno cercato ogni cavillo possibile per bloccare questa iniziativa cittadina senza precedenti a Verona. Fu tutto inutile, comunque, perché altri cavilli negarono il referendum ai cittadini.

Ora Tosi si ricrede: i cittadini vanno consultati, è un loro diritto. Diritto "incomprimibile", recitavano a suo tempo le ordinanze del tribunale che ordinavano al comune di "contare le firme raccolte" e che avevano indispettito non poco il sindaco".

Purtroppo i salti mortali di Tosi non convincono più nessuno, né a Verona né fuori provincia.