Sono sempre più numerosi i fenomeni che ci avvertono che nel giro di pochi decenni la vita sul pianeta potrebbe diventare molto complicata, eppure nessuno di noi sembra intenzionato ad invertire la rotta. Un unico filo fatto di banconote annodate lega insieme la cementificazione, l’uso dei veleni in agricoltura, l’inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque, lo scioglimento dei ghiacciai, lo sterminio delle specie vegetali ed animali, l’utilizzo di Parchi e Zone Protette a fini commerciali.

Qualsiasi profitto ottenibile subito - con qualsiasi mezzo - vale più del futuro dei nostri figli.

La nostra è una cultura fondata sul dominio: sul dominio delle risorse naturali, sul dominio del più forte, del più furbo, del più farabutto e quindi anche sul dominio dell'uomo sulla donna. Cristiani e musulmani si trovano in perfetta sintonia su questi temi. Uomini, donne e territori vengono sfruttati con la stessa determinazione ad ogni latitudine.

Sui giornali locali leggiamo spesso che i comuni stanno riducendo le superfici edificabili, ma poi vediamo nuove lottizzazioni dappertutto e di fatto il consumo di suolo continua ad aumentare.
Il rapporto ISPRA 2017 è piuttosto chiaro:
"I dati di quest'anno mostrano ancora la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane a bassa densità, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell'intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della maggiore accessibilità. I dati confermano l'avanzare di fenomeni quali la diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e la densificazione di aree urbane dall'altro, accompagnati da un'intensificazione agricola". http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici

I fenomeni metereologici estremi si fanno sempre più frequenti, con danni ragguardevoli che poi ricadono sul bilancio statale e quindi sulle spalle dei contribuenti. La carenza di acqua sta mettendo a dura prova le colture agricole e, attraverso l'espediente dello stato di calamità, metterà a dura prova anche la tenuta dei conti dello stato. Gli incendi, in parte direttamente collegati al consumo di suolo perché attizzati per trasformare zone boscate in zone edificabili o agricole, in parte collegati al costosissimo sistema di spegnimento (elicotteri, canadair, Protezione Civile, forestali), provocano ogni anno un danno ambientale incalcolabile ed un costo economico calcolabile in miliardi di euro.

Le nostre estati saranno sempre più torride, ma le istituzioni e i cittadini non sembrano per niente allarmati. Nessuno si preoccupa di incentivare un'agricoltura rispettosa dei cicli naturali e della biodiversità, che vuol dire anche rispetto dei corsi d'acqua, ricomposizione delle siepi, alternanza di zone coltivate con zone boscate, riduzione delle coltivazioni con forte consumo di acqua (es. mais e tabacco). A questo riguardo va ricordato che gli allevamenti di bovini comportano uno spropositato consumo di acqua: "Sommando impatto diretto e indiretto, infatti ci vogliono in media 15.000 L di acqua per produrre 1 kg di carne bovina. … Sia allevamento che agricoltura sono fonti di gas serra. Si stima che entrambi i settori, congiuntamente, siano responsabili del 14% circa dell'attuale riscaldamento antropogenico, in particolare sono responsabili del 47% delle emissioni antropogeniche di metano e del 57% delle emissioni di N2O. Le emissioni legate alla agri/zootecnia sono cresciute negli ultimi 10 anni del 17%".
http://italiaxlascienza.it/main/2015/10/limpatto-di-agricoltura-e-allevamento-secondo-la-scienza/

"Si valuta che circa 50 specie siano perdute ogni giorno, la velocità alla quale si estinguono animali e vegetali è 100 volte superiore oggi di quanto non sia mai successo nella storia dell'umanità, e la prima causa è la perdita di habitat naturali". Lo ha dichiarato Norman Myers, uno dei grandi nomi dell'ambientalismo mondiale, protagonista dell'Aurelio Peccei Lecture 2007, organizzata a Roma da Fondazione Peccei e WWF. "Abbiamo 10-15 anni di tempo per fermare il declino della biodiversità e scongiurare l'estinzione di massa" dice Myer, e "dovremmo cominciare con il tutelare gli hotspot, le aree del Pianeta che vantano la maggiore concentrazione di specie endemiche e minacciate di estinzione".
http://www.fondoambiente.it/News/Ambiente-e-Paesaggio/Index.aspx?q=biodiversita-scompaiono-50-specie-al-giorno

Ai più sfugge un piccolo dettaglio: se si estinguono così tante specie vegetali ed animali, ad un ritmo sempre più veloce, vuol dire che anche per l'uomo la sopravvivenza sul pianeta Terra diventerà sempre più problematica. La specie umana per sopravvivere ha bisogno di aria pulita, di acqua pura, di cibo non contaminato, di un clima "vivibile", non troppo secco, non troppo umido, non troppo caldo, non troppo freddo. Se questa fascia vivibile diventa troppo stretta le migrazioni aumenteranno a dismisura e non ci sarà più spazio sufficiente per tutti.

Non ci si pensa mai, ma tutti questi fenomeni sono strettamente collegati fra loro: la progressiva riduzione di ambienti naturali comporta un peggioramento delle condizioni climatiche, viceversa più ambienti naturali riusciremo a preservare e più possibilità di sopravvivenza lasceremo in dote ai nostri figli.

In queste condizioni c'è invece chi pretende a tutti i costi che lo Stato decreti la soppressione dei lupi e degli orsi, additandoli all'opinione pubblica come i responsabili del tracollo economico delle zone montane. Ci vuole poco per capire che i veri responsabili delle difficoltà economiche delle zone montane sono quegli stessi politici che richiedono la soppressione dei lupi e che non hanno saputo promuovere una solida economia basata sulla qualità dei prodotti, sull' ammodernamento dell'accoglienza, su una proposta turistica adeguata alle richieste del turismo moderno, che cerca ambienti curati, sani, rilassanti, ricchi di biodiversità e di paesaggi di pregio.

I lupi e gli orsi sono caso mai una garanzia di rinaturalizzazione e di risanamento del territorio montano, perché la loro presenza ristabilisce degli equilibri naturali che l'uomo aveva pesantemente compromessi. Le attività umane sono infatti le principali responsabili del degrado ambientale e paesaggistico delle nostre montagne. Impianti di risalita a tutti i costi, strutture alberghiere non contestualizzate, villaggi turistici astrusi (vedi Ferrara del monte Baldo e S. Giorgio), allevamenti condotti senza alcun rispetto per i pascoli utilizzati, sistematico boicottaggio dei Parchi. Queste sono le attività che compromettono l'economia delle nostre montagne.

Il lupo non è un animale sacro e neppure l'orso, ma dove camminano il lupo e l'orso c'è più rispetto per i ritmi naturali, per le leggi naturali, per la biodiversità. L'uomo dovrebbe avere il buon senso di ritirarsi da queste porzioni di territorio, o quantomeno dovrebbe considerare questi territori come una proprietà delle specie selvatiche, una proprietà in cui ci si avventura con rispetto e con le dovute precauzioni, come quando si entra in casa d'altri.

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