Si e no, si tratta di decidere chi fa cosa. Perché di certe cose, quali gestione e pianificazione del territorio, turismo, scuole, strade, trasporti, smaltimento dei rifiuti, agricoltura, commercio, artigianato, piccole e medie imprese, qualcuno se ne dovrà occupare. Bisogna evitare che tutti si occupino di tutto, ma bisogna anche garantire una copertura amministrativa per ognuna di queste tematiche.
Innanzitutto sarebbe bene evitare alcuni grossi errori fatti in passato.
1 - Nei Consigli comunali e regionali siede una numerosa rappresentanza politica, che è in grado di orientare in maniera determinante, quando ne è capace, l’attività amministrativa dei rispettivi enti. La riforma del 2014 ha ridotto sia la rappresentanza politica sia le competenze delle Province, ma ha lasciato un lavoro fatto a metà. La riforma Delrio ha ridotto i consiglieri delle province da 36 a 16 e li ha fatti eleggere dai sindaci, a loro volta votati dai cittadini. Una decisione ragionevole, visto anche il continuo e pressoché inutile ricorso alle urne in auge nel nostro paese.
La Provincia non soffre il bisogno di politici, ha bisogno caso mai di tecnici e di funzionari preparati e capaci, in grado di progettare il sistema viario provinciale, di gestire gli edifici scolastici, di occuparsi della pianificazione territoriale, di tutela ambientale, di caccia e pesca, della gestione di talune emergenze ambientali. Pensiamo ai danni provocati dai cinghiali o all’attuale situazione del Lago di Garda. Per fare questo servono indirizzi precisi da parte dei politici, ma servono soprattutto tecnici e funzionari capaci di dare risposte efficaci a tutte queste problematiche.
E qui casca l’asino, perché nessuno nasce imparato. Per affrontare incarichi impegnativi serve gente preparata e intenzionata a lavorare seriamente, tutti i giorni, secondo una programmazione ben precisa, con controlli qualitativi, rispondendo del proprio operato in un contesto di riconoscimento e di gratificazione del merito. Non è stato sempre così nelle nostre amministrazioni provinciali. La colpa non va addossata ai singoli impiegati e funzionari, i quali, a onor del vero, molto spesso sono stati assunti con il sistema delle raccomandazioni più che con regolari concorsi.
C’è un problema di preparazione dei funzionari pubblici, che in Italia non è mai stato affrontato. In Francia già nel 1945 De Gaulle istituì L'École nationale d'administration (Scuola nazionale di amministrazione, ENA). L’ENA è stata una grande scuola francese responsabile per la formazione dei funzionari pubblici. A partire dal 1º gennaio 2022, è stata soppressa e sostituita, per decisione del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, dall'Institut National du Service Public (INSP).
Lo scopo dell’ENA e poi dell’INSP è stato ed è quello di “promuovere la formazione degli alti dirigenti dello Stato in una logica di mestieri, competenze e professionalità, ma anche decompartimentalizzare l'amministrazione sviluppando una cultura comune dell'azione pubblica”.
2 - Una seconda questione cruciale è quella delle competenze. Bisogna decidere una volta per tutte quali sono le competenze di Stato, Regioni, Province, Comuni. Oltre agli uffici regionali, provinciali e comunali ci sono i Carabinieri forestali, il Servizio Forestale Regionale, il Genio Civile, le Autorità di bacino, Arpav e altri enti ancora. Armonizzare le competenze di tutti questi enti, evitando doppioni e conflitti di competenza è un compito non facile, ma ineludibile. Deve essere chiaro per tutti, per gli uffici e per i cittadini, cosa fa ognuno di questi uffici pubblici e bisogna che i vari uffici siano dimensionati in base all’effettivo carico di lavoro. Se da un lato è importante definire le competenze dei vari enti, è anche necessario mettere in comunicazione (decompartimentalizzare) i diversi uffici della pubblica amministrazione.
3 - Un terzo grande errore è aver demolito la cabina di regia che un tempo permetteva all’amministrazione provinciale di gestire problematiche complesse utilizzando una serie di competenze interne e coordinando anche professionisti esterni.
Facciamo un esempio concreto: il Lago di Garda.
Vari tipi di inquinamento, gestione della fauna ittica e della pesca, controllo del livello del lago, gestione del collegamento Adige-Lago di Garda, progetto di pista ciclabile lunga 140 km intorno al lago, rifacimento del collettore, pianificazione urbanistica di ambito, effetti della pressione antropica sull’ecosistema lago, raccolta e gestione dei rifiuti, navigazione a motore, ecc.
Decine di enti diversi si stanno occupando di tutte queste problematiche e di altre ancora, ciascuno con un’ottica particolare e in difesa di interessi particolari, spesso in disaccordo tra loro e quasi sempre privi di un grado minimo di competenza.
In questa maniera si buttano via decine di milioni in opere che non servono a niente o che ottengono risultati opposti a quelli attesi. Oggi lungo le rive del lago si stanno demolendo le piste ciclabili appena terminate per rifare le condutture del collettore, del quale però non esiste ancora un progetto completo e definitivo.
E’ evidente che servirebbe una regia unica, capace di una visione complessiva, in grado di elaborare una programmazione a lungo termine, legata da un rapporto organico di collaborazione con strutture analoghe di Trento e Brescia.
La nostra è una società complessa e per funzionare bene ha bisogno di strumenti di gestione complessi. Se pretendiamo di far fronte a problematiche così complicate con strumenti così inadeguati vuol dire che abbiamo deciso di rinunciare a governare la complessità e che ci accontentiamo di rotolare a caso, dove ci sbattono le onde.
Non è neanche vero che non ci sono i soldi. I soldi ci sono, a volte anche troppi, ma vengono usati male. Spesso si ha l’impressione che gli interventi vengano decisi in base ad una logica clientelare, invece di una logica di seria programmazione.
4 - Last but not least, c’è il tema dei controlli. Il Corpo Forestale è stato assorbito dai Carabinieri, la Polizia Provinciale è stata disarticolata e ridotta ai minimi termini, la Polizia Municipale non si occupa di queste cose. Come possiamo pensare che una razza incivile come la nostra si faccia carico di rispettare anche le regole più elementari in un contesto di totale assenza di controlli?
NB - L’abitudine di cambiare in continuazione le regole del funzionamento della PA porta inevitabilmente al cattivo funzionamento della PA.