Uno scrittore rinviato a giudizio per l'uso della nobile parola 'sabotaggio'. Quando la giustizia perseguita il pensiero e le parole siamo in pieno regime autoritario.
Erri De Luca è stato rinviato a giudizio il prossimo 28 gennaio per istigazione a delinquere. Lo scrittore è accusato di aver incitato al sabotaggio del cantiere della Torino-Lione, in Valle di Susa, in un'intervista all'Huffington Post: "la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo," sono le parole dello scrittore contestate dai pm torinesi Andrea Padalino e Antonio Rinaudo.De Luca ha ribattuto seccamente, sottolineando l'aspetto vagamente persecutorio dell'azione penale della procura di Torino: "Sarebbe curioso che fenomeni di corruzione, che questa malversazione del denaro pubblico, questo sistema di appalti pilotati e di uomini corrotti che ha mosso Expo e Mose non riguardi anche la Tav. Ma i magistrati di Torino sono troppo impegnati a perseguitare il movimento antagonista. Ci sono più di mille procedimenti giudiziari a loro carico: evidentemente i giudici trascurano i piani alti."
Il rinvio a giudizio segue la decisione dello scrittore di non accettare il patteggiamento: "Non accetto l'intenzione di processare le opinioni. Processarne uno per scoraggiarne cento: questa tecnica che si applica a me vuole ammutolire. E' un silenziatore, va disarmato. L'opinione non è trattabile, è un diritto intrattabile."
Sulla TAV la società civile è spaccata in due, da un lato ci sono gli affaristi e gran parte dei politici (soprattutto del PD), sostenuti dall'artiglieria pesante di un'informazione alto-guidata che non ha precedenti in regimi democratici. Dall'altro lato c'è un movimento che, nonostante l'infiltrazione delle solite 'teste calde', sta guadagnando consensi presso tutti gli strati della popolazione. E anche questo fatto, soprattutto di fronte alla sfacciata propaganda mediatica, non ha precedenti.
La fazione pro-TAV è arricchita da posizioni così illiberali da apparire macchiettistiche, come l'iniziativa leghista denominata #rogodilibri, che propone il boicottaggio dei libri di De Luca.
Che società è quella che considera normale il riferimento ai roghi di libri, segnale di tetre pagine della nostra storia, e invece condanna perentoriamente l'uso della parola sabotaggio?
Dal Sabatini Coletti - Dizionario della Lingua Italiana – leggiamo il significato di sabotaggio: "Reato consistente nel danneggiamento intenzionale di edifici o macchinari di un'azienda, di impianti, materiali o servizi di pubblica utilità." Per estensione: "Azione intesa a ostacolare lo svolgimento di un'attività o di un'iniziativa."
Accanto al sabotaggio materiale, che per il dizionario (e la legge) è reato, c'è anche quello figurato, che reato non è, ma che talvolta al potere costituito fa più paura di quello penalmente rilevante. In questo caso il potere sbrocca, e nascono azioni preoccupanti e ridicole come quella della procura di Torino contro Erri De Luca.
È allo stesso tempo preoccupante e ridicolo che la persecuzione dei giudici arrivi alla semantica, al significato delle parole, deducibile dall'accento con cui sono state pronunciate
Signori PM, qui è pieno di sabotatori. Ogni volta che qualcuno di noi rimuove un recinto abusivo da un sentiero, abbraccia un platano per impedirne l'abbattimento, si oppone alla realizzazione di opere inutili e costose, fa azione di sabotaggio.
Sul sito di comune.info c'è una pagina dedicata al sabotaggio del sistema sociale dominante, che si chiama "Ribellarsi facendo" (oh, mio Dio, hanno scritto ribellarsi! Non sarà mica reato?) dove si parla di gente che premia i bar che non hanno le slot machines, riapre centri culturali abbandonati, ripara PC destinati alla discarica usando Software Libero, coltiva orti collettivi, produce insieme olio, pasta, pane, e fa un'infinità di altre azioni.
Volete arrestarci tutti? Fatelo. Saremo in buona compagnia.
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