C'è la canna comune, Arundo donax, c'è la cannuccia di palude, in dialetto "canèl", Phragmites australis, e infine c'è la canapa, Cannabis sativa, da sempre utilizzate dall'uomo.
La canna domestica (foto centrale), Arundo donax, dal lat. harundo = canna, famiglia delle Graminaceae, è la più robusta delle canne nostrane. Con un fusto che può superare i 3 cm di diametro, arriva ai 6 metri di altezza. E' una specie di origine centro-asiatica, diffusamente coltivata nell'area mediterranea e un po' alla volta spontaneizzata. Cresce su terreni più o meno umidi e si diffonde molto facilmente. La canna comune preleva grandi quantità di acqua dal suolo umido per sostenere la sua rapida crescita, che può arrivare fino a 5 cm al giorno durante la stagione primaverile. È capace di crescere in macchie dense che possono soffocare altre piante e impedirne così la diffusione. Non è resistente come la canna di bambù, ma è stata coltivata ed utilizzata per secoli con diversi impieghi, per le costruzioni, per l'agricoltura, per la scrittura, per la costruzione di strumenti musicali. Si noti che il termine latino harundo sta per canna, ma indicava anche anche la zampogna, il flauto, il calamo (penna), la freccia.
Attualmente si studiano avveniristici impieghi sia in agricoltura che nella produzione di energia.
La cannuccia o canèl (foto sx), Phragmites australis, dal gr. phragma = siepe, sempre della famiglia delle Graminaceae, cresce nelle zone umide raggiungendo i 3/4 metri di altezza. In pianura può colonizzare in maniera esclusiva areali molto vasti, specie se allagati, ma si può trovare fino a 1500 metri di quota e anche più su.
E' stata utilizzata dalla notte dei tempi per costruire capanne e coperture. I tetti delle malghe della Lessinia venivano realizzati con fasci di cannuccia intrecciati e legati ai travi di legno. L'avvento della lamiera ondulata e dell'ondulato di amianto hanno spazzato via la laboriosa tradizione di rinnovare i tetti con le tradizionali cannucce di palude. E' interessante ricordare come fino a 50 anni fa gli stessi carri che scendevano dai monti Lessini con il carico di ghiaccio poi risalivano con il carico di cannuccia.
Altro importante prodotto derivato dal taglio della Phragmites erano le àrele, una sorta di supporto su cui veniva fissata la malta di calce. La "tessitura" delle àrele per soffitti ed intercapedini veniva fatta direttamente nelle zone di raccolta e poi si provvedeva alla vendita attraverso una rete di grossisti.
La raccolta della cannuccia è continuata nella bassa veronese fino a circa 30 anni fa. La completa bonifica della valle del Tartaro-Tione, avvenuta verso il 1975, ha messo fine a questa attività. Attualmente viene utilizzata nella fitodepurazione e nella bioedilizia.
La Cannabis sativa (foto dx), lat. sativa = che si semina, è una pianta a ciclo annuale della famiglia delle Cannabaceae. Il termine greco kanna indicava la canna e il termine kannabis indicava la canapa. Era conosciuta dall'antichità e coltivata soprattutto per uso tessile, edile, alimentare e per la produzione di carta, oltre che come medicinale, in quanto in essa sono presenti alcune sostanze capaci di modificare lo stato di coscienza. L'altezza delle piante è variabile, può raggiungere i 5 metri. Esiste una controversia filogenetica sul fatto che le varietà coltivate della pianta costituiscano una singola specie, la Cannabis sativa, o se le eventuali sottospecie rappresentino varietà distinte, come quelle chiamate Cannabis indica e Cannabis ruderalis.
La coltura della canapa per usi tessili ha una antica tradizione in Italia, come pure l'impiego nella produzione di vele e cordame navale. Durante i secoli del trionfo della vela e delle grandi conquiste marittime europee, la domanda di tele e cordami assicurò una straordinaria ricchezza ai comprensori che rifornivano le canape di qualità migliore.
Il colpo di grazia per la coltivazione della canapa si ebbe in seguito del Marijuana Tax Act datato 1937, quando fu messa al bando negli USA e poi di riflesso in gran parte del resto del mondo. Attualmente la sua coltivazione in Italia è più o meno proibita.
La canapa, fra le sue proprietà, possiede anche, specialmente nella sua varietà indica, una sostanza in grado di alterare l'equilibrio psico-fisico dell'uomo: il THC, tetraidrocannabinolo.
Negli ultimi 50 anni la marijuana, termine con cui si indica la canapa in America Latina, ha conosciuto in Italia alterne fortune e il suo uso psicotropo continua a suscitare furenti discussioni. Resta il fatto che numerosi ricercatori hanno evidenziato le notevoli virtù calmanti possedute dalle sostanze contenute nella Cannabis sativa, virtù che possono apportare un enorme contributo nella cosiddetta terapia del dolore.
Ci si domanda, leggendo le cronache sanguinarie che ogni giorno riempiono i giornali, se non sia il caso di abbandonare la politica proibizionista fin qui adottata dai governi italiani, permettendo la coltivazione e l'utilizzo della Cannabis, con la speranza che il popolo italico, soprattutto quello maschio, riesca a rilassarsi un po' e ad uscire dal tunnel di furia e di morte in cui si è infilato.