Altroconsumo spara a zero sul biologico. Dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna Stefano Maini, Paolo Radeghieri e Claudio Porrini rispondono con una breve lettera, che pubblichiamo. Prosegue Renata Alleva, specialista in Scienza dell'Alimentazione e presidente ISDE di Ascoli Piceno.
ALTROCONSUMO Settembre 2015 Non crediamo in BIO (pdf)Caro "Altroconsumo", troviamo curioso che una rivista come la vostra abbia voluto sparare a zero contro i prodotti ortofrutticoli ottenuti con metodi di agricoltura biologica mettendo a confronto solo le caratteristiche del prodotto finale. Basti solo citare un recente lavoro scientifico (Baranski et al., 2014) per capire che le cose non stanno esattamente come avete scritto nel vostro articolo.
In passato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'avvento delle molecole di sintesi, in agricoltura si è puntato principalmente sulla quantità, sull'imperativo del produrre sempre di più e su un certo tipo di qualità basato su prodotti perfetti: mele, per esempio, senza nemmeno una macchia o una minuscola erosione, tutte uguali come palle di biliardo; non prodotti biologici ma tecnologici (è su tali concetti che i consumatori dovrebbero essere educati con una vera campagna di informazione!).
Queste mele, fatte soprattutto per l'occhio, sono state definite tempo fa da Giorgio Celli "pornomele", belle da guardare ma pericolose da consumare perché spesso intrise di residui tossici. Ora, dall'indagine di "Altroconsumo" sembrerebbe che questo problema sia stato superato. Sembrerebbe … perché 4 residui di pesticidi, anche se sotto il limite di legge (che scandalosamente non prevede ancora il cumulo), non sono, a nostro parere, da prendere a cuor leggero. La ricerca scientifica sta infatti indagando sugli effetti sinergici che queste sostanze possono avere sulla salute, anche se rinvenute nei vari alimenti "sotto il limite".
Rimane però l'altro grave problema, che è anche il motivo principale di questa lettera. Oltre al fatto che, come avete scritto nell'articolo, tutti gli alimenti, sia biologici sia convenzionali, per il solo fatto di essere coltivati/allevati, hanno un impatto ambientale, non è sufficiente che il prodotto finale sia esente da residui chimici ma è fondamentale che tutte le fasi di produzione vadano programmate con mezzi a basso impatto ambientale. Solo in questo modo la sanità intrinseca del cibo diventa anche una condizione di rispetto ambientale. Il processo biologico ci assicura del cibo che deriva da un ambiente in cui è stato promosso il rispetto per la diversità floro-faunistica, e dove i pesticidi non hanno contaminato il terreno, l'acqua e l'aria.
Nella vostra indagine dal titolo emblematico ("Non crediamo in BIO"), e soprattutto nelle vostre conclusioni, tutto questo, la parte più importante del processo produttivo delle nostre derrate alimentari, purtroppo non viene considerato. Anche se il vostro intento era quello di aprire gli occhi ai "bioentusiasti", avete perso l'occasione, in questo momento di gravi problemi ambientali, purtroppo messi in secondo piano dalla crisi economica, di sottolineare ai vostri lettori i vantaggi ecologici di questo tipo di produzione.
Siamo fermamente convinti che, diversamente da quanto avete fatto voi, per salvaguardare l'ambiente in cui viviamo l'agricoltura biologica vada sostenuta!
Stefano Maini, Paolo Radeghieri e Claudio Porrini
Dipartimento di Scienze Agrarie Università di Bologna
Renata Alleva, specialista in Scienza dell'Alimentazione, demolisce l'opuscoletto di Altroconsumo con argomentazioni solide ed inoppugnabili:
"Non crediamo in BIO", è un titolo assai forte, ma la prima domanda che mi viene spontanea è se invece Voi di Altroconsumo, credete nell'agricoltura convenzionale e pensate che si debba seguitare a produrre cosi. Perché, se la crescente passione per il BIO è più una illusione, che un dato reale - come voi dite - il "carico" complessivo di patologie correlabili con l'esposizione (anche non professionale) a pesticidi è invece purtroppo un fatto concreto e reale.
Testo completo della lettera: 2015.09.15 Risposta ad Altroconsumo 150915
Patrizia Gentilini, Medico Specialista in Oncologia ed Ematologia Generale, Comitato Scientifico Associazione dei Medici per l'Ambiente ISDE Italia:
"In sintesi vorrei rammentare che ad esposizione cronica a pesticidi (professionale e non) è correlato un incremento statisticamente significativo del rischio delle seguenti patologie: asma professionale, bronchite cronica e BPCO, Morbo di Parkinson, Morbo di Alzheimer, Sclerosi laterale amiotrofica, diabete, patologie cardiovascolari, patologie autoimmuni, patologie renali, disordini riproduttivi, malformazioni e difetti di sviluppo, malattie della tiroide, alterazioni dello sviluppo cognitivo, motorio e neurocomportamentale nei bambini, cancro (tutti i tumori nel loro complesso, tumori del sangue, cancro al polmone, pancreas, colon, retto, vescica, prostata, cervello, melanoma)".
Testo completo della lettera: Gentile Direttore di Altroconsumo