Non c'è una terza via: o si resta nel sistema, con le banche, i professori (e relativi sacrifici), oppure se ne esce definitivamente. Tertium non datur: tornare alla lira e vivacchiare come prima non è un'opzione realistica.
In un bell'articolo sul manifesto il buon Andrea Baranes critica il trattamento di favore di cui godono le banche in questo mondo governato dai banchieri.Aldilà delle cose scritte, quasi tutte vere e condivisibili, questo articolo può ingenerare un atteggiamento pericoloso, che implica il fatto che i debiti possano NON essere pagati. Chi legge potrà affermare: "se lo fanno le banche, possiamo farlo anche noi" (cittadini o stati nazionali). La verità è molto più cruda e triste: non possono farlo né le banche, né tanto meno noi.
Certo, la mole di debiti oggi è tale che non potrà essere pagata, ma questo giubileo ha un prezzo: deve saltare tutta la baracca. Non è possibile azzerare tutto e tornare tranquillamente come prima.
Pensiamo a questo sistema economico/sociale come a un motore. Va forte, sviluppa un'enormità di cavalli, ma ha bisogno di carburante e lubrificante, come di un'attenta manutenzione. Il carburante siamo noi e la terra: il nostro lavoro, i nostri capitali, l'energia e le materie prime. Il lubrificante sono la moneta e il credito.
La moneta serve a superare le difficoltà di pagamento, che in un sistema basato sul baratto rallenterebbero enormemente il sistema. Ma anche la moneta, da sola, non è sufficiente: se tutte le operazioni di produzione e consumo fossero regolate in contanti, sarebbero molto minori in numero e intensità di quelle che conosciamo. E anche in questo caso il sistema sarebbe più lento. E visto che ovunque si parla solo di crescita, la lentezza sarebbe una grave iattura.
Ecco spiegato il bisogno che il sistema ha di banche e intermediari vari di credito, che in una parola vengono definiti 'finanza'. La finanza costituisce per il sistema un cuscinetto temporale, per gestire gli inevitabili sfasamenti tra anticipo di denaro (che serve per acquistare i fattori produttivi) e incassi.
Settori come l'edilizia e la nautica, senza il cuscinetto temporale della finanza, non esisterebbero: ben pochi avrebbero capitali sufficienti per anticipare somme ingenti e tenerle congelate per mesi o per anni.
Ma, come tutti i sottosistemi, anche la finanza ha proprietà di movimento indipendenti dal sistema che li ha generati: così il mondo del credito ha acquisito la capacità di muoversi indipendentemente dall'economia di cui era il lubrificante, creando tutta una serie di problemi cui assistiamo in questi giorni.
Il credito, si badi, è fenomeno a due facce: da un lato c'è chi riceve denaro a debito, dall'altro c'è chi il denaro lo presta. Chi lo presta, di norma gradirebbe ricevere il prestito di ritorno (di norma maggiorato secondo un tasso di interesse) per cui è molto interessato a valutare la solidità del creditore.
Chi perora la causa della non-restituzione si lava facilmente la coscienza considerando i creditori una manica di farabutti, profittatori e complottardi. Questo è probabilmente in parte vero, ma una discreta parte di questi crediti è detenuta, direttamente o indirettamente, da persone semplici: sono i nostri risparmi che abbiamo faticosamente messo in banca o investito in titoli di stato, fondi pensione o altro. Non ci sono solo i George Soros.
Una delle più straordinarie caratteristiche del sottosistema-finanza è, come detto, il cuscinetto temporale: grazie a esso, intere categorie di persone, aziende, e anche interi apparati nazionali, possono vivere al di sopra delle proprie possibilità, acquistando beni e prodotti a credito.
Proprio per chiudere questi cicli, a momenti di espansione economica dovuti all'espansione creditizia (momenti in cui i debitori spendono di più di quello che guadagnano, per effetto del credito), dovranno seguire fatalmente momenti di depressione economica, ossia momenti in cui i debitori spendono meno di quello che guadagnano, per effetto della restituzione del credito.
Un po' come i sette anni di vacche grasse, seguiti da altrettanti anni di vacche magre, nel racconto biblico di Giuseppe e Faraone. Se così non fosse, chi ha prestato questi soldi sarebbe (come dire?) turbato dalla mancata restituzione, e come minimo si asterrebbe dal prestare ancora denaro. Questo, come in un motore privo di olio lubrificante, porterebbe al grippaggio, ossia al crac del sistema economico.
Pensiamo per esempio alla Grecia: ha goduto per dieci anni della forza e dalla stabilità dell'euro, sistema in cui era entrata truccando i bilanci, e fingendo di avere quelle virtù che la moneta unica chiedeva per concedere credito. Grazie a questo, ha goduto di un decennio di prosperità economica dovuta al credito proveniente dall'estero.
Ora che è giunto il momento di una restituzione almeno parziale, debitori e creditori si rendono conto che non c'è la possibilità di restituire questi soldi. Che fare?
Ci sono, in sintesi, tre linee di pensiero. La prima, quella di Monti e Merkel, è riassumibile più o meno così: "va bene, non puoi restituirmi i soldi, e mi costringi a prestartene degli altri. Ma io ti farò un culo tanto, che anche se non mi restituirai i soldi, per te sarà come se lo avessi fatto."
"D'ora in poi io, rappresentante dei creditori, commissarierò la tua economia, deciderò gli stipendi dei dipendenti pubblici, i tassi di interesse, le aliquote delle tasse, e farò in modo che, anche se non riuscissi ad avere indietro i soldi dei creditori, almeno spaventerò gli altri paesi, tipo Italia e Spagna, che ci penseranno due volte prima di dichiarare default come hai fatto tu."
È una soluzione perversa, perché perpetua il sistema che ha generato il problema, ma se si vuole perpetuare questo sistema, è la più logica.
La seconda soluzione è quella di prendere atto che il sistema è marcio, e uscirne una volta per tutte. L'euro e la finanza sono solo i lubrificanti di un sistema che non ha futuro, che è sì straordinariamente efficace ed efficiente, ma proprio per questo sta consumando tutto.
È possibile fare una critica totale al sistema economico perverso, non solo ai suoi lubrificanti. Uscire dall'euro significa fatalmente uscire dal sistema 'capitalismo'. Assumiamoci tutte le responsabilità che questo comporta.
Questa soluzione è un po' comoda (abbiamo prosperato in groppa al capitalismo fino a ora, e adesso che non si prospera più, ce ne andiamo), un po' drastica, ma anche il momento lo è.
C'è un altro piccolo problema: finora le alternative al capitalismo hanno, come dire, 'toppato'. Quindi chi assume questa scelta si deve assumere un margine di rischio e deve aver voglia di sperimentare, che significa essere disposti a fare degli errori.
La terza soluzione è quella suggerita dai fan della lira o della dracma, ed è illusoria, perché irrealizzabile. Consiste nel denunciare (giustamente) che le decisioni sono prese sopra le nostre teste in circoli che non hanno niente a che vedere con i cittadini che dovranno subire le decisioni. Nel denunciare (giustamente) che i più deboli pagheranno il prezzo maggiore dell'austerità.
Consiste anche, però, nel chiedere che tutto torni come prima, al momento in cui questi paesi/aziende/consumatori avevano ancora una credibilità, si facevano prestare i soldi dall'estero e li usavano per vivere al di sopra delle loro possibilità.
Non si tratta quindi né di resa ai signori del capitalismo, e sottomissione ai loro diktat per riottenere la credibilità perduta, né di rifiuto della logica colonialista e schiavista del capitalismo, e fuga da esso nel suo complesso. È solamente il desiderio infantile di tornare alle vacche grasse di Giuseppe, rifiutando le vacche magre che ne sono un irrinunciabile corollario.
Un po' come dire: "vogliamo il capitalismo, ma solo la parte in cui si spendono i soldi. Per favore, non rifilateci la parte in cui i soldi si restituiscono, non ci interessa."
Ma chi ti presterà ancora denaro, dopo che sarà chiaro che i soldi non li restituisci? Chiedere di passare alla dracma (o alla lira) significa tornare al momento in cui non si era considerati buoni pagatori, e si aveva accesso a pochi prestiti. Il problema è che questo avviene dopo essere passati all'euro, aver chiesto una nave di denaro, e aver fatto ciaociao con la manina ai creditori.
Dopo di questo, dracma o non dracma, sarà difficile farsi prestare anche quel poco che davano prima.