Durante le nostre escursioni in Lessinia avevo notato che nelle vicinanze delle malghe spesso crescevano delle vecchie piante di sambuco. Mi sono sempre chiesto perché proprio il sambuco e non un sorbo, un pero, un faggio. La spiegazione ci riporta molto indietro nel tempo.

William Blacker nel suo libro LUNGO LA VIA INCANTATA racconta che durante il funerale di due fratelli morti giovanissimi per una disgrazia - siamo in un paesino di montagna nel nord della Romania – una donna canta questo lamento funebre: "Su Ionuc e Vasiluc, mentre ve ne andate staccate un fiore del magico sambuco e mettetelo nella gronda del portico. Lasciatelo lì per i vostri genitori, cosicchè il loro dolore passi in fretta".

Ancora il sambuco! A questo punto dovevo saperne di più e ho aperto il FLORARIO di Alfredo Cattabiani, uno scrigno inesauribile di conoscenza e di informazioni.

"Pag. 398 - L'albero del flauto magico: il sambuco.

Pianta inquietante il sambuco, un alberello che può raggiungere i 10 metri di altezza, molto ramificato, con grandi corimbi di fiori bianco avorio cui succedono in settembre grappoli di bacche nere e lucemti. Fra i Germani lo si chiamava Holunder, l'albero di Holda, una fata del folklore germanico medievale: abitava nei sambuchi che si trovavano nei pressi delle acque di fiumi, laghi e fonti.

Fino all'inizio del secolo scoso i contadini tedeschi rispettavano a tal punto il sambuco che incontrandolo si levavano il cappello. Per curarsi il mal di denti si doveva camminare fino al sambuco invocando tre volte: "Frau Holda, Frau Holda, imprestami una scheggia che te la riporterò". Si staccava la scheggia e, giunti a casa, la si usava per incidere la gengiva fino a macchiare il legno di sangue. Si tornava alla pianta camminando all'indietro e si reinnestava la scheggia nel punto in cui era stata tolta: così le si trasmetteva il dolore.

Nella medicina tradizionale tirolese lo si è chiamato Farmacia degli Dei. Sette volte il contadino s'inchinava davanti all'albero perché sette sono i doni che si ricavano dai germogli, dai fiori, dalle foglie, dalle bacche, dal midollo, dalla corteccia e dalle radici del sambuco.

Intorno alle fortezze, ai monasteri e ai masi di montagna si piantavano sambuchi perché si diceva che proteggessero case, cortili, bestiame e abitanti da serpi, mali e malìe: abitudine riscontrata anche in Bretagna, in Russia e in Danimarca, dov'erano considerati protettori della famiglia.

Si favoleggiava che non soltanto Holda abitasse la pianta, ma anche i cobaldi, che prediligono il midollo. Gli elfi si rifugiavano nei suoi cespugli.

Nelle leggende germaniche il flauto magico era un ramoscello di sambuco svuotato del midollo. I suoni che se ne traevano proteggevano dai sortilegi, come testimonia l'omonima opera di Mozart.

Nel calendario arboreo dei Celti il sambuco rappresentava il tredicesimo mese lunare, che si conclude nei giorni del solstizio invernale, poiché conserva i frutti fino a dicembre. Il tredici, si sa, rappresenta il passaggio, la rigenerazione, il rinnovamento ciclico, rigenerazione che comporta anche la morte nel perenne ciclo di trasformazione;  tant'è vero che nella tradizione cristiana il sambuco presiedeva un tempo i riti della morte".

Da questo ceppo culturale e linguistico provenivano i Cimbri, che nel 13° secolo hanno popolato i Lessini e costruito le malghe che ancora oggi portano nomi di evidente derivazione germanica.

In pianura e in collina è molto comune il Sambucus nigra, che cresce rigoglioso in ambienti umidi e freschi con midollo bianco e fiori disposti ad ombrelle. I grappoli di frutti neri cadono verso il basso.

In montagna è più comune il Sambucus racemosa, con midollo color cannella e fiori disposti in pannocchie ovoidali. I frutti maturi sono rossi.

In entrambi i casi si utilizzano sia i fiori che i frutti per ottenere sciroppi e marmellate.  Lo sciroppo concentrato va diluito con molta acqua onde evitare possibili intossicazioni. Eccezionali i fiori delicatamente impanati e fritti con una goccia di anice. (NdR.: Puoi trovare alcune ricette alla fine dell'articolo nel 5° commento).

Il Lebbio, Sambucus ebulus, vegeta in luoghi incolti, bordi di campi, lungo sentieri e fossi, ma anche nei pascoli, con corimbi (ombrelle) rivolti verso l'alto (sia i fiori che i frutti). Ha un portamento arbustivo e non assume mai la forma di alberello. E' piuttosto tossico e non va mai utilizzato.

Tutti e tre le specie appartengono alla famiglia delle Caprifoliaceae.

Molto bella la storia dei sciopeti raccontata da Michele Dall'O': /it/racconti/saugo-trombini.html

foto di Lebbio con fiori e frutti:

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