Avete tempo, fino all'8 gennaio 2012, ma andate alla mostra Severini. Vita d'artista "dal futurismo al ritorno all'ordine" al Mart di Rovereto. Esposizione fin dalle prime sale completa, rigorosa, ma soprattutto luminosa e vitale come è stata la vita stessa di Severini.
Ruvido, superbo, indipendente come la gente della sua nativa Cortona ma grande e intelligente mediatore a Parigi sua città di adozione tra Futurismo e Cubismo, tra l'Italia e la Francia.E' il 1906. Parigi, stazione di Saint-Lazare. Solo, misero e disarmato, Severini parla male il francese ma ha tanta voglia di vivere. "Andavo per le vie del mondo con una spensieratezza gioconda, senza essere né troppo pieno di speranze, né pieno di dubbi sentivo che dovevo andare", scrive entusiasta nel suo diario.
In brevissimo tempo trascina i suoi amici futuristi nelle boîtes de nuit, café chantant dai nomi famosi le Moulin de la Galette, le Rat mort, le Monico dove ritmo danza musica e luci sono sbalorditivi e in sintonia con un Severini che tra le tante cose che sperimenterà nella sua lunga vita, quali volare, entrare in una gabbia di leoni al circo, ha la fortuna di essere un eccellente ballerino.
In pochi mesi fiuta e frequenta le cattive ma necessarie maniere di Montmartre e Montparnasse. Conosce Modigliani e tramite Braque il vate Apollinaire e Picasso con tutta la sua banda.
1911. Severini organizza alla Galleria Bernheim Jeune una prima e attesa esposizione futurista e con la sua tela "Souvenirs de voyage" traduce in pittura il pensiero di Bergson e dell'amico Boccioni: Il presente pervaso dai ricordi che diventa stato d'animo.
Marinetti scriverà e griderà a tutto il mondo il successo di questo straordinario evento. L'arte italiana è la nuova e unica avanguardia.
Severini racconta che in realtà non andò così. Le critiche, i sorrisetti di scherno ci furono da parte dei difesi francesi, ma non per i contenuti, anzi, ma per l'aggressività e i toni con cui i futuristi si proponevano alla mentale, intellettuale ma forse per questo troppo congelata arte cubista.
Apollinaire, infatti, lungimirante, comprende che il Futurismo ha una marcia in più, una energia prorompente, unica che non può che far del bene a quel che sarà il dopo cubismo. Un'arte aggrappata alla vita, dove l'opera non è più una rappresentazione ma un'azione, un momento della vitalità assoluta della materia. Un frammento del dinamismo dell'universo.
Apollinaire propone, con mediatore l'attento e ormai caro alla Francia Gino Severini, di chiamare FUTURISMO l'intera avanguardia e lasciare poi che ogni artista scelga la propria corrente artistica. Sarebbe stato il matrimonio del secolo tra la Francia e l'Italia.
Marinetti risponde di no. Il Futurismo è italiano, rigorosamente made in Italy.
Che grave errore! Severini è affranto e noi con lui.
Non si è voluta leggere e capire la grande portata che questa proposta recava in sé. Un'occasione di riporre le armi e fare la pace tra gli spocchiosi francesi e i provinciali italiani. L'ostracismo dalla Francia e una politica italiana ottusa di regime fecero il resto. Non è un caso che i nostri musei non abbiano comprato o acquisito tele di Renoir, Monet ecc. Racconta Severini che sarebbe bastata anche la sua sola mediazione perchè in poche settimane le nostre istituzioni conquistassero le più belle sculture di Degas o qualsiasi altra opera strepitosa della modernità.
Una storia, ahimè, che si ripete, oggi, ma con dei sorrisetti e degli scherni dal mondo intero per l'Italia ben più pesanti e umilianti.