La situazione è diventata insostenibile sia sul Baldo che in Lessinia. Ormai non c'è mq di suolo che non sia stato rivoltato dai cinghiali. Boschi, prati e vaj vengono letteralmente messi sotto sopra dalle zanne di questi ungulati.
Recentemente è intervenuto l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con una nota che riportiamo integralmente. Ora tocca alle Regioni e alle Provincie adottare provvedimenti urgenti ed efficaci.
PROBLEMATICHE LEGATE ALLA GESTIONE DEL CINGHIALE NELLE AREE PROTETTE NAZIONALIIl Cinghiale rappresenta il principale fattore di conflitto tra specie animali e attività dell'uomo in molti contesti nazionali. La rilevanza della materia è anche legata all'incremento numerico dei cinghiali, passati da 300-500.000 nel 2000, a oltre 600.000 nel 2005, fino a superare i 900.000 nel 2010, con un prelievo venatorio cresciuto da 93.000 capi nel 2000, a 115.000 nel 2005, a oltre 153.000 nel 2010 (fonte: banca dati ungulati ISPRA). In alcuni contesti del paese la situazione è diventata particolarmente grave, tale da richiedere interventi urgenti per mitigare in modo efficace gli impatti causati dal cinghiale.
PROBLEMATICHE DI CARATTERE GENERALE
- L'espansione e l'aumento delle densità del cinghiale sul territorio nazionale è da imputare in buona parte all'azione dell'uomo e non ultimo al considerevole interesse venatorio che la specie ha destato negli ultimi decenni.
- In diverse aree del Paese la situazione determina gravi problematiche e in alcuni contesti appare fuori controllo, al punto da rendere insostenibile la convivenza tra la specie e l'agricoltura, oltre a porre seri rischi per l'incolumità pubblica (circolazione stradale) e rappresentare una seria minaccia per la biodiversità.
- L'incremento dei cinghiali porta causa anche aspri conflitti sociali che vedono in prima linea agricoltori, istituzioni, enti gestori delle AAPP e, di fatto, la collettività. Spesso le responsabilità di tali conflitti vengono imputate ad una carente gestione del problema da parte dell'amministrazione pubblica, in particolare degli enti gestori delle AAPP. A fronte di queste tensioni i cacciatori hanno tratto dall'incremento dei cinghiali un certo vantaggio (il carniere di animali abbattuti è infatti enormemente aumentato negli anni).
- Per portare questa situazione sotto controllo è indispensabile che TUTTE le componenti sociali coinvolte si facciano carico - per i diversi ruoli e competenze - del problema, al fine di assicurare la convivenza tra l'uomo e questa specie.:
1. Le Regioni, Province e altre istituzioni locali in primis devono orientare la gestione della specie verso una drastica riduzione delle densità in particolare mediante l'attuazione, oltre alla normale attività di caccia, di tutti gli strumenti che la norma consente, compresi piani di contenimento numericamente significativi;
2. le Aree Protette devono realizzare piani di contenimento in stretto raccordo con le analoghe attività che si svolgono all'esterno, e devono collaborare con il mondo agricolo per favorire l'adozione e il mantenimento di sistemi di prevenzione del danno;
3. gli agricoltori devono superare ogni logica assistenzialista e assumere comportamenti responsabili e improntati all'autodifesa dal danno;
4. i cacciatori di cinghiale devono partecipare attivamente ad un nuovo modello di gestione della specie, basato sulla generalizzata e drastica riduzione delle densità, anche se questo può determinare un calo del carnieri;
5. il mondo ambientalista, animalista e protezionista assumendo un approccio pragmatico e consapevole della necessità di ridurre drasticamente il numero di animali mediante abbattimenti e catture, non ostacolando l'attivazione di metodi di prelievo selettivi ed efficaci.
Anche lo Stato centrale e le Amministrazioni locali dovrebbero intervenire su diversi temi tra cui:
1. blocco di ogni ulteriore immissione di esemplari di cinghiali su tutto il territorio nazionale;
2. introduzione di un generale divieto di foraggiamento degli animali, ad esclusione di quello finalizzato a creare punti attrattivi per il contenimento tramite appostamento fisso, ed assicurarne il rispetto. Tale divieto è già vigente in molte regioni (es. Lazio: art.37 LR 17/95) del Paese, ma il livello di sorveglianza è talmente basso da rendere tali misure poco o nulla stringenti.
PROBLEMATICHE DELLE AREE PROTETTE
Prima di enunciare le suddette problematiche va sottolineato che, da un punto di vista prettamente tecnico, gli strumenti di intervento attualmente disponibili (relativi alla prevenzione dei danni e al controllo delle popolazioni) possono essere ritenuti sufficienti non solo per affrontare l'emergenza, ma anche per gestire la specie con successo.
Si evidenzia altresì che tali strumenti sono stati descritti nelle "Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle Aree protette" (Monaco et al., 2010), prodotte da ISPRA anche tenendo conto del quadro normativo nazionale in materia, una cui piena applicazione permetterebbe di arginare i conflitti sociali. Purtroppo va rilevato che le misure proposte dalle linee guida rimangono ancora oggi in gran parte inapplicate, ed è quindi essenziale un maggior impegno da parte di tutti gli attori per una più efficace gestione del problema.
Le maggiori criticità legate alla gestione del cinghiale nelle aree protette nazionali sono quindi riconducibili essenzialmente a:
- assenza di strategie di gestione della specie coordinate e condivise tra AAPP e territorio cacciabile circostante, che impedisce un controllo efficace degli impatti e delle popolazioni e fa si che le AAPP si limitino alla gestione (spesso caratterizzata da un bilancio costi/benefici sfavorevole) degli effetti senza mai poter incidere sulle cause;
- mancata approvazione delle aree contigue, in cui la caccia sarebbe a norma di legge possibile, che possano funzionare da zone cuscinetto per limitare la movimentazione di cinghiali da e verso l'area protetta;
- ridotta efficacia decisionale/operativa per carenze strutturali e degli Enti gestori (es, carenze e/o mancanza di continuità degli organi decisionali);
- forte pressione venatoria ai confini dell'area protetta che determina immissioni e/o foraggiamento abusivi, causando quindi un incremento artificiale costante delle presenze all'interno delle AAPP;
- conflitto sociale tra i diversi portatori di interesse, in particolare tra chi è assolutamente contrario a qualunque tipo di intervento che preveda la rimozione dei capi (sia animalisti sia cacciatori, sebbene per motivi diversi) e coloro che vorrebbero una forte riduzione delle presenze (agricoltori e opinione pubblica), che spesso porta all'inazione da parte delle AAPP;
- incertezze derivanti dall'interpretazione delle normative e dalla definizione dell'iter autorizzativo per l'attuazione degli interventi di controllo delle popolazioni;
- difficoltà di gestione dei cinghiali successivamente alla loro cattura (animali vivi) o abbattimento (spoglie) a causa di un quadro normativo sanitario complicato, fatto di norme non strettamente inerenti la materia del controllo faunistico, sull'applicazione delle quali le singole ASL competenti possiedono autonomia di interpretazione.
ISPRA è pronta a fornire il proprio contributo per definire i possibili interventi per risolvere le criticità sopra evidenziate, fornendo supporto se richiesti a eventuali revisioni normative sulla materia, con particolare riferimento alle L. 157/92, L. 394/91, e contribuendo a identificare anche possibili interventi migliorativi anche per gli aspetti sanitari.