Multato perché parlava al cellulare: Verona prosegue la sua guerra contro le biciclette, evidentemente il problema maggiore della circolazione e della sicurezza urbana.
Lo sfortunato protagonista di questa vicenda si chiama Nicola Abati, studente 23enne dell'Università di Parma, reo di aver risposto al cellulare mentre circolava in bicicletta.Il giovane si è visto appioppare una multa di 148 euro, e ha deciso di fare ricorso al giudice di pace. ''Da quando ho la patente non mi è successo mai nulla e ho tutti i miei 20 punti, più i 2 di bonus," ha raccontato all'Arena. "Sarebbe il colmo se mi venissero tolti perché parlavo al telefono in bici''.
Il comandante dei vigili, il tristemente noto Luigi Altamura, sottolinea: ''Quando si è in bicicletta si devono tenere tutte e due le mani sul manubrio." E c'è pure un avvertimento: "attenzione a chi va il bicicletta con il lettore di musica nelle orecchie: con la bella stagione ne vedo sempre di più''.
Dal punto di vista formale, la decisione del vigile urbano è ineccepibile, tranne forse che per la questione dei punti. Diversa è la valutazione dal punto di vista politico: è davvero opportuna questa guerra contro i ciclisti?
Varrebbe la pena di sostenere, invece che perseguitare, una categoria che, aldilà delle numerose e pittoresche violazioni al codice della strada (vedi il bel servizio sulle bici di Amsterdam), potrebbe essere la soluzione a i nostri problemi di viabilità.
Qual è la pericolosità di un ciclista che risponde al cellulare, cadere e sbucciarsi un ginocchio, o investire un pedone e sporcargli le Jordan? Oppure, piuttosto, non accorgersi del SUV che gli sfreccia accanto ai 100 km all'ora, nel pieno rispetto, però, del codice di Luigi Altamura?