Appunti urbani del nostro eco-critico. Dai particolari nascono riflessioni sulla deriva morale della nostra società.
1. BiciclletteBellissimo (sa tanto di sostenibilità) lo slogan del poster allegato all'ultimo numero del giornalino degli Amici della Bicicletta: "7 km con una mela".
Però, per me -sigh-, i ciclisti professionisti restano ancora inarrivabili. Fanno infatti 200 km al giorno con ... una pera.
Morale:
ma non l'è che noantri ciclisti semo ala frutta?
2. Minimi ecomostri
Passeggiando sulla pista ciclopedonale che da Via Santini mena al cimitero di Avesa, nel complesso sportivo del Santini da un po' di tempo è sorto un edificio, evidentemente adibito a pista di pattinaggio coperta. Questo edificio avrebbe dovuto avere due entrate (entrata/uscita). Una, in particolare, che dà sulla pista, probabilmente di emergenza.
Un episodio curioso. Durante le piogge di una certa consistenza solitamente la canaletta posta a fianco della pista tracima, proprio in prossimità di una delle entrate. Una di queste esondazioni deve avere combinato un bel disastro. Tanto è vero che sono Corsi ai ripari ed hanno messo in tutta velocità delle costruzioni difensive, a dire il vero un po' ridicole, che si possono ammirare durante le passeggiate: tri asse davanti alla porta, soletta di cemento a mo di dosso tra pista ed edificio, e "terrapieno" lungo la recinzione del campo.
Morale dell'uomo comune veronese:
ma se questi non j'è gnanca boni de prevedar le piene de na canaleta, figurarse con la complessa geoidrologia dele Toresele!.
Ovvero: semo ale asse! E alora zughemo al traforo!
3. Vegetazione e sicurezza
Nella stessa zona di minima immoralia 2, compresa cioè tra via Carso e la pista ciclopedonale, sorgeva fino a qualche tempo fa un boschetto, selvaggio quanto basta. Ecologico quanto basta, frescura d'estate assicurata e musica - il canto di capinere, fringuelli, occhiocotti e fiorrancini, a grati. Canne (phragmites arundinacea), ailanto e ciliegio portoghese la facevano da padrone.
Ora, da qualche settimana, una magia perversa ha fatto sparire tutto. Sono rimasti solo cumuli di sgauie sparsi qua e là. Ora, dato che nella logica dantesca ("esta selva selvaggia") che da qualche tempo permea la logica delle Ammnistrazioni comunali e del cittadino italiano medio, vegetazione sembra essere diventata sinonimo di insicurezza, mi chiedo:
a) l'area è comunale o privata, edificabile o no?
b) Cosa si prevede? Altro cemento? Asfalto? Un belvedere sulla galleria del traforo?
Morale:
la vegetassion l'è come i sengali, la genera insicuressa. Mejo la biodiversità de plastica, sgauie varie, la da più calor, più umanità, più sicuressa, più centro comerciale.