Con la primavera diverse specie di uccelli, che durante l'inverno erano migrati in Africa, ritornano in Europa. E questo dovrebbe farci riflettere sulla nostra pretesa di tirar su muri e steccati ad ogni piè sospinto.
Cuculo, Cuculus canorus.Lunghezza 33cm (dimensioni di un Colombo)
Piumaggio parte superiore grigio-blu
Testa e petto con le parti inferiori bianche con righe scure
Ali a punta
Coda lunga
Becco con la punta nera,abbastanza lungo
Il volo con battito d'ali leggero è un segno distintivo.
Verso caratteristico "cu-cu" ripetuto con ritmo costante.
Le specie europee depongono le uova nei nidi di altri uccelli, sopratutto cannaiole, codirossi, ballerine, capinere, che poi provvedono al sostentamento dell'intruso.
Modi di dire veneti di Emilio Garon
Vecio come el cuco Forse era Habacuc?
"El cuco" nella parlata veneta corrisponde al cuculo, l'uccello il cui nome deriva dal cu-cu del suo verso. Un verso che risuona lugubre e continuo nelle buie notti delle campagne, tanto che a questo uccello erano attribuiti particolari segni di presagi. (In realtà il cuculo è un uccello diurno e difficilmente lo si sentirà cantare di notte. Probabilmente viene confuso con l'assiolo o con la civetta -nota di Redazione). E' credenza popolare che il cuculo abbia vita lunga, e pertanto l'espressione "vecio come el cuco", viene riferito a persona carica di anni. Ma questo modo di dire potrebbe anche aver origine dalla parola "bacucco" che deriva da Habacuc, antico nome di un profeta vissuto molti anni. In questo modo le espressioni "vecio come el cuco" e "vecio bacuco" presentano lo stesso significato.
Il termine "cuco", diminutivo di "bacucco", si rivolge anche, in maniera dispregiativa, a persona poco furba. Molto noto il detto "qua no se imbarca cuchi" per significare che non c'è posto per gli stupidi, non voler a che fare con gli scemi. Questo particolare modo di dire, secondo un dizionario etimologico della lingua veneta, ha origine addirittura nel medioevo, dalle pagine della celebre "Nave degli stolti" di Sebastiano Brant, nella quale erano imbarcati i rappresentanti di tutte le follie umane.
Il termine "cuco" è molto popolare, con questa parola si indica anche un fischietto in terracotta o in gesso, un giocattolo a forma di uccello con un foro nella coda, dove soffiando si ottiene il caratteristico sibilo.
E ancora il "cuco" indicava una misura di capacità corrispondente a un sedicesimo di litro: famoso "el cucheto de graspa" bevuto a Bassano (e non solo lì).
Numerosi i detti riferiti al cuco:
"No gh'è piu cuco de chi se fa cucàr"
"Ogni giorno nasse un cuco, beati chi se lo cuca"
"No se imbarca cuchi"
"Star fora fìn che canta el cuco"
"Andar in cuco" (in somenza)
"Quando canta el cuco gh'è da fare da per tuto"
"Far come i cuchi" (Si riferisce all'uomo che va ad abitare in casa della donna. Tanto è vero che a PIEVE D'ALPAGO, c'è la festa dei cuch, cioè di tutti quelli appartenenti all'insieme appena definito).
E numerosi anche i doppi sensi:
Soltanto a Verona
Per quel che ne so mi
El casso i lo ciama
De spesso così:
.....el sparaso, el picio
el mago, el penel
el folpo, el bisato
el cuco e l'osel.
(Tòdaro Monaldo)
"Menarse el cuco" (Buttare via piacevolmente il proprio tempo).
Sostanzialmente, nella cultura popolare contadina, il cuculo rappresentava lo stereotipo del perdigiorno, approfittatore, inutile ed anche un tantino fastidioso.