Estate 2009, il ministro dell'agricoltura Luca Zaia annuncia una iniziativa unica nel suo genere: "La terra ai giovani! È tempo di rinascimento verde!".
Fiero come un toreador, annunciava: "Tra tre anni 1000 nuove imprese agricole e 6000 nuovi posti di lavoro".
Una vera rivoluzione per il Paese: dare finalmente lavoro agli under 40.
Nell'Italia della disoccupazione giovanile al 28,9% (dati istat) fu un annuncio che quell'estate fece smettere di cantare pure le cicale.
Com'è noto nel nostro Paese il mancato ricambio generazionale in agricoltura è fonte di innumerevoli criticità. Nell'Unione Europea il rapporto tra imprenditori agricoli under 35 e over 35 è di 1/4 mentre in Italia il rapporto è 1 a 12: un'impresa guidata da un giovane ogni 13.
Luca Zaia snocciola più numeri delle 10 ruote del lotto, in modo da dare sempre l'impressione di conoscere la giusta portata delle cose: "..di 1,7 milioni di aziende agricole, solo il 10% oggi sono condotte da giovani", affermò.
Il 3 agosto 2009 l'annuncio divenne persino un articolo del decreto "anticrisi" con cui si stabilì che, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento, l'Agenzia del Demanio avrebbe dovuto individuare i terreni da destinare al "Rinascimento Verde".
Di lì a pochi mesi, il ministro più amato dagli agricoltori lasciò l'incarico per divenire il governatore più amato d'Italia, ma il rinascimento verde chi l'ha visto? Qualcuno ha provato a cercarlo in mezzo allo sventolio di bandiere e camice verdi festanti.
Dunque: la deputata senese Susanna Cenni PD (membro della commissione agricoltura, e prima firmataria della legge sulla biodiversità in agricoltura), nel mese di settembre presenta un'interrogazione parlamentare al neo Ministro Giancarlo Galan, al quale chiede conto degli impegni presi dal precedente responsabile del dicastero, Luca Zaia, riguardo al progetto "Rinascimento verde", annunciato nell'estate del 2009, che avrebbe dovuto assegnare terreni demaniali a vocazione agricola ai giovani agricoltori, tramite bando, per creare nuova occupazione.
Galan non era in aula, ma la risposta è stata fornita dal sottosegretario alla giustizia.
Le previsioni ottimistiche dell'ex ministro Zaia non si realizzeranno, almeno per il momento.
Infatti, come conferma l'indagine svolta per incarico del governo dall'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), che attraverso le province ha censito le aree demaniali disponibili, la gran parte di queste terre o non sono più agricole, o sono già coltivate o sono destinate a bosco e a prato.
L'attuale ministro Galan incolpa Zaia di non aver controllato. Zaia contrattacca incolpando Galan del buco della sanità della Regione Veneto...ma questo siparietto non ci interessa.
Quindi, come riportare nei campi le braccia rubate all'agricoltura? Partiamo da questo dato: oggi in Italia c'è un rapporto di 1 avvocato ogni 283 abitanti. Allora è proprio il caso di dire che è meglio un contadino laureato che un avvocato disoccupato.
Non è l'agricoltura su grande scala, meccanizzata e fertilizzata dai contributi UE che ci salverà.
Secondo Nomisma, società di studi economici, le aziende agricole in Italia sono passate da 2,5 milioni a 1,6, ma la loro superficie media è rimasta inalterata. Si trattava di scoprire che fine avessero fatto ben 1,7 milioni di ettari visto che la superficie coltivata si era ridotta da 14 milioni di ettari a 12,3 milioni. Questi agricoltori invisibili sono più di 1 milione, esistono, producono per il sostentamento della propria famiglia, condividendo con gli amici, ma non fanno PIL. Sono disoccupati, impiegati, artigiani, operai, liberi profesionisti, dipendenti pubblici, pensionati. Le dimensioni medie dei terreni non sono marginali e vanno da 0,6 ettari (operai e pensionati) a 1,2 ettari (liberi professionisti e dipendenti pubblici). Li chiamano Hobby Farmer, al 90% proprietari, localizzati per la maggior parte in collina e montagna (61,6%), cioè in aree maggiormente sensibili dal punto di vista del mantenimento e presidio territoriale. Dice Nomisma "La destinazione produttiva riguarda prevalentemente ortaggi (88,6%), frutta (65%), vite (34,3%) e olivo (32,3%) e, molto spesso, sono completate da processi di trasformazione (ovviamente su piccola scala) per l'ottenimento di conserve vegetali (49,5%), olio (27,5%) e vino (23,7%). In qualche caso poi (circa il 40%) vi sono anche piccole attività di allevamento (in particolare di avicunicoli).".
Questi contadini finora non sono apparsi in nessuna statistica. I prodotti ottenuti dall'attività di coltivazione e trasformazione sono destinati in via quasi esclusiva all'autoconsumo familiare (81,8%) o a regali ad amici e parenti (7,4%), quasi senza nessuna attività di mercato. I nuovi contadini producono genuino & clandestino, per l'autoconsumo ed il piacere di mangiare cibo sano e fresco.
La conclusione economica di Nomisma è che "si tratta di benefici sottostimati o addirittura non riconosciuti dal punto di vista collettivo - alla luce della mancanza di rilevazioni statistiche ufficiali – che però permettono, assieme al contributo preponderante dell'attività propriamente agricola, una conservazione degli spazi rurali i cui vantaggi finiscono con il ricadere sull'intera popolazione".
Come punto di partenza non è male per la "Rinascita Verde" del nostro paese.
L'agricoltura contadina e di piccola scala, che non è solo Hobbistica, ma fatta anche di centinaia di migliaia di partite iva, ha un valore culturale sottostimato altamente professionalizzante.
Grande non è sempre meglio, perchè i dinosauri si sono estinti, le formiche no.