E' tutto un fiorire di iniziative che vorrebbero proporre una viticoltura rispettosa dell'ambiente e della biodivesità, ma in realtà nascondono una avidità smodata che non ha rispetto per niente e per nessuno.
Il consorzio Tutela Vini della Valpolicella va a proporre i vini della Valpolicella nelle fiere di mezzo mondo. La direttrice del Consorzio Olga Bussinello sciorina le percentuali di vendita dell'Amarone e dei Ripassi in Canada, America, Cina e Giappone e si preoccupa di mettere in mostra nel mazzo del marketing il territorio di produzione e la qualità di coltivazione delle uve: "I due aspetti non si possono scindere, sono il mercato ed il consumatore a chiedercelo".Per finire la Bussinello infiocchetta il mazzo con il nastro delle 3R: Riduci, Risparmia, Rispetta.
"Gli americani e i cinesi ci tengono a queste cose". E allora avanti con il Progetto di certificazione per la produzione integrata delle uve, una formula che non vuol dire niente, ma che ha già attirato una trentina di produttori che hanno annusato le nuove richieste del mercato, nonché i 5 comuni della Valpolicella, Verona, Illasi e, a breve, tutti gli altri. Ci fa anche sapere, la Bussinello, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, che siamo arrivati a 7435 ettari di superfice vitata.
Il Soave non è da meno e diventa "Paesaggio Rurale Storico", riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Questo vuol dire marketing, ma anche nuovi finanziamenti statali. Il presidente del Consorzio del Soave è entusiasta "Con questo riconoscimento il legislatore attribuisce una specificità alle vigne storiche e pone dunque le basi per misure di sostegno ad hoc". Perché ovviamente conservare questa viticoltura antica comporta dei costi e c'è addirittura - udite, udite - il rischio di estinzione! A conferma dell'ottima conservazione del tessuto storico viene portato un dato che lascia esterrefatti: a Monteforte è investito in vigneto il 95% della superfice agricola (primato europeo a più alta densità viticola) e a Soave il 91%. Come dire una monocoltura assoluta!
Per l'assessore Pan "l'ingresso del Prosecco e del Soave nel Registro Nazionale dei pasaggi rurali premia la capacità dei territori e delle imprese di preservare e difendere il legame con la terra e il rispetto per le caratteristiche naturali dell'ambiente, la tradizione viva di colture e di pratiche agricole di antica origine".
L'assessore veneto vede, non si sa come, "la sapiente alternanza tra vigneto, prato, bosco, così come i muretti a secco e gli antichi vitigni" e continua rapito: "coltivando le vigne e governando i boschi garantiscono la manutenzione dell'habitat, mantenendo il paesaggio pressochè integro dagli assalti dell'urbanizzazione".
Caro assessore, col vino bisogna andarci a piano!
Invece no, l'assessore Pan, ormai privo di freni inibitori, annuncia per il prossimo futuro anche il "patrocinio dell'Unesco, nonchè una severa riduzione dei trattamenti con pesticidi e fitofarmaci".
Negli ultimi 4 anni nella sola provincia di Verona sono stati piantati 2.500 ettari di nuovi vigneti. I diritti fino ad ora sono stati comprati nelle regioni del sud. Negli ultimi mesi i diritti sono arrivati a costare 80.000 euro per ettaro. Dal 1 gennaio non si potranno più comprare "i diritti", che verranno rilasciati gratuitamente ai richiedenti nella misura dell'uno per cento all'anno della superfice totale coltivata, ma per il Veneto si parla già del 2,5 %. Con calma però, perché chi ha già comprato i diritti, li potrà comunque utilizzare e avrà tempo fino a tutto il 2020 per convertirli in autorizzazioni. Il 2016 sarà un anno di passaggio e questo può spiegare la furia con cui negli ultimi mesi sono state fresate le dorsali delle colline veronesi. Il bando per il rilascio delle nuove autorizzazioni sarà nazionale e, dato che il monte ettari nazionale è di 640.000 ettari, l'incremento sarà di 6400 ettari per il 2016. Ovvio che la parte del leone toccherà al Veneto.
I risultati di questa storia sono sotto gli occhi di tutti e non hanno bisogno di essere commentati.
Le vegne maregne
La magia del vino
Il paesaggio collinare è diventato un cantiere globale dove le ruspe, le frese e i demolitori spianano i pendii 24 ore su 24, i vigneti alternati ai prati e ai boschi esistono ormai solo nell'immaginazione dell'assesore Pan, la biodiversità è una parola che tutti abusano, ma di cui nessuno conosce il significato.
Questa non è più economia agricola, è il corrispettivo della speculazione edilizia spostato in collina, con lo stesso effetto devastante sulla biodersità e sul paesaggio. Con l'aggravante della complicità dei politici di tutto l'arco costituzionale, che non hanno saputo trarre nessun insegnamento dagli ultimi 50 anni di storia d'Italia.
Fa tristezza vedere che un po' tutti si accodano osannanti al carro del dio dell'oro e chiudono gli occhi sul disastro ambientale che sta definitivamente cambiando i connotati delle nostre colline.