WWF, Legambiente, LIPU e Italia Nostra bocciano la nuova legge della Regione Veneto sui Parchi.
Il progetto di legge che rischia di venire approvato è complessivamente di scarso livello, inadeguato, insufficiente e colpevolmente finalizzato a banalizzare le aree protette, mentre risponde agli interessi esclusivi di pochi ignorando gli interessi collettivi e degli ecosistemi.
"…Le aree naturali protette e più in generale la Rete ecologica regionale […] rappresentano un importante laboratorio per la conservazione e l'implementazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici attraverso lo sviluppo di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale…". Così recitava la proposta di legge della Giunta Regionale del maggio 2016, una dichiarazione di intenti che per diventare scelta politica ha bisogno di coerenza attuativa. Di questa coerenza non c'è traccia nel pdl che va in discussione domani in Consiglio Regionale.Sempre nel 2016 la Giunta affermava "…A più di 30 anni dall'emanazione della legge quadro regionale in materia di parchi naturali e aree protette ed in considerazione della nuova legislazione nel frattempo intervenuta, si rende necessario procedere ad una revisione e aggiornamento della stessa…".
Al contrario ci troviamo di fronte a un testo striminzito che lascia in vigore la legge 40 del 1980 e punta solo a superare il commissariamento dei parchi tramite l'accentramento dei poteri in mano alla Giunta e al Presidente. Altro che federalismo! Altro che voce ai territori! Il classico boccone avvelenato, metafora straordinaria di come in questa regione sia sempre più difficile affrontare le cose scrivendo riforme con un orizzonte culturale e politico alto.
Un esempio di incoerenza con princìpi sventolati e mai attuati. Non a caso l'art. 1 dichiara "…le nuove disposizioni per la gestione e il funzionamento dei parchi perseguono l'obiettivo della semplificazione, del miglioramento e dell'efficienza delle procedure programmatorie e gestionali…". Addio conservazione, addio biodiversità.
Così questo progetto di legge appare come la presa d'atto di un fallimento gestionale di trent'anni, passando da una gestione farraginosa (ma attenta a non disturbare i grandi interessi) alla centralizzazione dei poteri nelle mani del vertice regionale attraverso il controllo degli organismi decisori, "per non cambiare nulla".
Un disegno di accentramento.
"La Giunta regionale definisce…coordina…fornisce supporto necessario a garantire l'unitarietà della politica di settore…" (art.2.2); "L'ente parco esercita le proprie funzioni… avvalendosi… degli indirizzi tecnici forniti dalle strutture regionali" (art. 2.3); la comunità del Parco è composta da "…tre soggetti designati dalla Giunta Regionale"(art 4.1.b); tutti "i componenti della comunità del parco sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale…" (art 4.2); "…Il consiglio direttivo è nominato dal Presidente della Giunta regionale…" (art. 5.1); è formato "a) da 2 componenti scelti tra i tre soggetti di cui art.4.1.b…" (designati dalla Giunta); b) da 1 componente scelto dal Presidente della Giunta regionale tra i sindaci art.4.1.a)…"; c) dai 2 componenti individuati dalla comunità del parco ai sensi della lettera b) del comma 5 dell'articolo 4" (art. 5); "Il presidente del parco è nominato dal Presidente della Giunta regionale, fra i componenti del consiglio direttivo" (art. 6.1).
Delirio di onnipotenza e onniscienza. Ottimo esempio di federalismo alla rovescia! Altro che dare voce ai territori.
Un disegno di marginalizzazione.
"Gli enti parco svolgono la propria attività garantendo la più ampia informazione, improntano l'attività gestionale e le scelte di pianificazione e di programmazione alla più ampia partecipazione dei cittadini" (art. 8) tramite una consulta che non ha un numero definito di rappresentanti (gestiti dagli statuti dei parchi e approvati dalla Comunità del Parco), esprime pareri indefiniti e consultivi di cui si può allegramente prescindere, per cui si può fare a meno di stabilirne l'obbligatorietà di convocazione.
"Per garantire l'apporto del mondo scientifico all'attività gestionale dei parchi è prevista la costituzione di un comitato tecnico-scientifico con funzioni consultive" (art. 9) con "un massimo di 9 componenti" (massimo? allora è funzionante anche con un componente?), senza alcun potere di iniziativa, con "…funzioni consultive…" a cui, quindi, si può prescindere.
Un disegno di marginalizzazione degli Enti locali, delle province, dei portatori di interessi collettivi nel rispetto della conservazione della natura e, soprattutto, del Consiglio Regionale, avviato a un ruolo di ente inutile.
In questo quadro brilla la perla del Parco della Lessinia che vede entrare nel Consiglio Direttivo un rappresentante dei proprietari terrieri. A questo proposito vale la pena ricordare quanto dichiarato nelle Parole della Prima Commissione Consiliare Regionale (scheda SIN): "Ulteriori valutazioni vanno svolte in ordine alla norma … che…limitatamente al parco della Lessinia prevede che tra i cinque componenti del consiglio direttivo vi sia un rappresentante dei proprietari terrieri inclusi nel parco. Motivi di perplessità derivano dalla modalità di coinvolgimento prevista per questi soggetti… con conseguenti possibili divergenze tra le istanze private che detti soggetti per definizione rappresentano e quello della protezione e conservazione del patrimonio naturale che sono la ragione per la quale ogni parco è istituito, secondo quanto previsto dalla L. 394/1991 , e che potrebbero, a loro volta ridondare tanto nella violazione del principio costituzionaledi "buon andamento e imparzialità dell'amministrazione" previsto dall'articolo 97 della Costituzione, quanto in una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione in quanto incidente sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema."
Considerazione sufficiente e necessaria che esce dalla bocca degli stessi consiglieri regionali, evidentemente inetti per la Giunta, per ribadire che la riforma del sistema di gestione delle aree protette regionali deve partire dall'adeguamento della LR 40/84 alla L 394/91 e nel rispetto dei principi costituzionali.
I parchi naturali regionali devono essere gestiti in collaborazione tra rappresentanti degli Enti locali (sindaci, provincie, comunità…) coadiuvati da Enti di gestione autonomi (composti da figure professionali interdisciplinari e coerenti con le funzioni che devono svolgere), nel rispetto di regole generali riferibili a norme europee, nazionali e regionali.