Ogni fine anno, il Presidente della Repubblica ci regala un discorso che, a voler essere generosi, è una sorta di junk-food istituzionale: calorico, rassicurante, ma inevitabilmente indigesto per chiunque osi guardare oltre le apparenze. Quest'anno, Sergio Mattarella non ha fatto eccezione, offrendoci un concentrato di ovvietà condito da un'ipocrisia che non passa inosservata.
Mattarella apre il discorso evocando la pace, definendola un obiettivo irrinunciabile della Costituzione. Nobile intento, certo, se non fosse che l'Italia è impegnata fino al collo nella produzione e nell'esportazione di armamenti. Parlare di pace mentre si partecipa al lucroso mercato della guerra è un esercizio di equilibrismo morale che avrebbe fatto invidia ai sofisti dell'antichità. Però, tranquilli: la colpa è sempre degli altri, come i russi o i "barbari" di Hamas.
Il Presidente prosegue lamentando la crescita della disuguaglianza globale, con la ricchezza concentrata in poche mani e la povertà che dilaga. Sorprendente analisi, se non fosse che il sistema economico che alimenta queste disuguaglianze è sostenuto anche dalle politiche nazionali. L'Italia è parte di quell'Unione Europea che Mattarella esalta come simbolo di pace e prosperità, ma che è anche fautrice di austerità e tagli sociali. La retorica del "colmare le distanze" diventa quindi un mantra vuoto, utile solo per i social media.
Tra le tante "luci e ombre" citate, Mattarella affronta anche il cambiamento climatico, una questione definita “vitale per l’umanità”. Eppure, è lo stesso Stato italiano che continua a investire in infrastrutture fossili e a chiudere un occhio sulle grandi opere devastanti per l’ambiente. Il tutto condito da dichiarazioni roboanti sui successi della COP29, un circo politico che ha stanziato briciole rispetto ai trilioni investiti in armamenti. E allora viene da chiedersi: "a Mattarè: è questa la lungimiranza tanto invocata?"
L’esodo dei giovani laureati all’estero viene descritto con un lirismo degno di Leopardi. Mattarella si preoccupa del loro disagio, della crisi delle nascite e dell'incertezza sul futuro. Ma quali politiche concrete sono state attuate per invertire questa tendenza? La risposta, ovviamente, è un elegante silenzio. I giovani restano una comoda categoria da citare nei discorsi, ma mai un soggetto politico da coinvolgere realmente.
La chiusura del discorso si appella al “rispetto”, parola dell’anno secondo Treccani, e a un patriottismo che abbraccia tutti, dagli insegnanti ai migranti. Un bel quadretto, peccato che si scontri con la realtà di un paese dove il razzismo è normalizzato, i diritti dei lavoratori sono costantemente sotto attacco e la scuola pubblica è vittima di tagli sistematici.
Mi si dirà: "Mattarella non c'entra con il Governo, anzi, nel suo piccolo prova a diminuire la portata dei provvedimenti governativi." Giusto! Il problema è che questo governo è figlio dell'esperienza del Governo Draghi, di cui la vittoria dell'ultra-destra ha rappresentato la reazione ovvia e spontanea. E chi ha imposto Draghi agli italiani? Chi l'ha messo lì, a governare gli interessi dei poteri forti, senza essere eletto da nessuno? E il governo Draghi, cosa ha fatto per la scuola pubblica, contro la guerra, e a favore dei giovani? Mi dispiace veramente molto difendere Fratelli d'Italia, ma non possiamo considerarli responsabili di tutto il male che la politica ha generato negli ultimi dieci anni.
Il discorso di Mattarella è l’ennesimo esempio di retorica istituzionale che punta a "rassicurare" senza mai "disturbare" davvero. Un discorso che invita alla speranza e alla responsabilità, ma che ignora volutamente il ruolo dello Stato nel perpetuare le stesse disfunzioni che condanna. Buon anno a tutti, ma soprattutto, buon sonno alla coscienza collettiva.