In Val d' Orsigna sulle orme di Tiziano Terzani
"Sai, lì la vita era quella banale della materia." Così Tiziano Terzani al figlio Folco parlando del Giappone ("La fine è il mio principio"). E prosegue così: "Lavorare, consumare, pendolare fra periferia e città". Questa è la ricetta del piatto unico che politici, banchieri, TV e industriali ci propinano quotidianamente da Bretton Wood in poi.Allora scappiamo dall'alienazione con il treno, come novelli Teodorico trascinati dal corsier nero verso lo Stromboli. A Bologna tuttavia scendiamo e ci infiliamo nella meno eccitante Porrettana. Calanchi, colli che stanno mollemente rinverdendo in questo infinito inverno. Dopo Porretta cambia tutto, valle sghemba, il Reno quasi come un cavallo imbizzarrito. E' il nero corsier? A Pracchia si scende e un vento gelido, portando con sé ricordi di Siberia, ci sferza la faccia facendo roteare i mulini a vento nella nostra testa. Gli alberi, su, sono piegati.
All'albergo Melini, Alessandro ci chiede se siamo venuti per Tiziano."Forse anche per lui", rispondo un po' sornione. "Quando ci sposammo, ci arrivò un pacco da Kabul. Pensai istintivamente a un pacco bomba … Era un tappeto, il regalo di nozze di Tiziano. Si era ricordato di noi … "Sapete, da quando è morto è un pellegrinaggio incessante verso l'Orsigna". Poi Alessandro ci regala una cartina di cui mando subito a memoria due icone: "L'Albero con gli occhi" e "Il Contadino".
Dopo pranzo partiamo. Io, Wiebke, sua mamma Elke e Lorenzo, in carrozzina. "Orsigna , 806 metri sul livello del mare … ma la strada che oggi ci arriva non va da nessun'altra parte e bisogna conoscere il segreto di una curva sulla vecchia e ottusa Porrettana per vedersi aprire, inaspettata, ogni volta come riscoperta, questa valle ariosa in un semicerchio di monti i cui colori marcano il passar delle stagioni …"
Scopriamo subito il segreto e si para davanti a noi lo scrigno. Da cui mille occhi ci osservano curiosi. Sono gli occhi del Farfaraccio Bianco, dell'Elleboro, del Salicone, della Pervinca, della Tussilago … Giù rimbomba la voce del torrente, mentre un gruppo di daini femmine scappa verso l'alto, nel sottobosco sotto la strada. Passiamo davanti al molino del Giamba e si scoprono anche le povere cose dell'economia pre Bretton Wood: l'economia delle castagne e delle ferriere, per l'abbondanza di acqua e boschi. La pastorizia.
Lasciamo Orsigna e proseguiamo per l'esiguo nastro di asfalto. Dopo un po' freddo e vento sono eccessivi per le donne e Lorenzo, che mi abbandonano.
Proseguo e raccolgo dal margine del bosco di castagni un aculeo di istrice.
Passo davanti ad una delle due icone, "Il Contadino", l'ultima dimora di Anam, il senza nome, come si era appellato verso la fine Terzani. Scorgo una pedana su un albero contornato di bandiere tibetane: … "e adesso è qui, nella sua piccola Himalaya, ad aspettare questa ora secondo me piacevole". In fondo alla valle il candido monte Gennaio veglia maternamente sulla valle. Qualche tornante e giro per il Fosso; e alla curva prima della contrada mi inoltro su per il bosco trovando il sentiero che proviene da Case Cucciani. Piego a sinistra, salgo nella neve e dopo un po' trovo questo ciliegio, l'Albero con gli occhi. Cumuli di pietra e bandiere tibetane; "gli occhi posti come fanno gli indiani sulle pietre per renderle partecipi del cosmo e delle profondità dell'uomo", cioè per insegnare al nipote il rispetto per tutte le forme viventi.
Ecco cos'era Tiziano: la contemplazione, lo spegnimento di tutti i desideri materiali. Il distacco dalla banale materia. Persino il distacco dal proprio nome.
"E' il risultato dell'Himalaya, quando ho cominciato a buttare via i desideri.
E allora era tutt'uno. Tutt'uno. E c'é una cosa bella.
Quando vedi tutt'uno le cose cambiano immensamente, Perché allora guardi in terra e ti accorgi che è tutt'uno, non c'è un pezzo separato. E la cosa bella, quando vedi tutt'uno ti rendi conto che non ci sono più divisioni. E allora vuol dire che quando tu guardi i fiori, l'erba, non sono fiori, non sono erba, sono parte di questa gloriosa bellezza che è la vita. E allora non c'è da chiedersi se è minerale, se è … se è … vegetale, anzi, ti rendi conto, appena incominci a guardare, che è tutt'uno. Per cui guardi la bellezza della terra e vedi l'unità di questa. E allora c'è una bellezza che devi capire. Senza quella si vive senza più attaccamento. Ti metti a guardare e scopri la bellezza del minerale. Ma non esclude … il vegetale. E allora guardi la bellezza del vegetale e vedi la bellezza del tutto. E vedi la grande bellezza della terra.
Per cui è come abbracciare prima il minerale e abbracciare … l'animale e abbracciare l'umanità, perché non c'è differenza. Abbracci l'umanità. Ti butti in questa bellezza. E rimane che abbracci il minerale, abbracci, abbra … abbracci l'umanità perché non c'è differenza." (Tiziano Terzani - La fine è il mio inizio)
Lascio l'Albero con gli occhi e me ne torno a valle. Il nero corsier del modello occidentale è ovunque e mi tenta chiedendomi se voglio provare le sue curve sinuose. Rifiuto. Scendo da solo a Pracchia.. Con l'aculeo in mano e illuminato da migliaia di occhi che mi stanno sorridendo.
Citazioni tratte da:
T. Terzani "La Selva oscura nella Valle dell' Orsigna". In Corriere della Sera del 24/8/1997.
T. Terzani. La fine è il mio inizio. Longanesi, 2006