La redazione di veramente.org è entrata in possesso dell'unico esemplare della macchina del tempo a elastico. Sono in arrivo rivelazioni esclusive dal futuro.

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Buongiorno. Siamo un gruppo di persone che hanno avuto il privilegio di possedere, anche se per un breve periodo, una macchina del tempo.

Qualcuno penserà che abbiamo avuto la possibilità di fare una fortuna: non è così. Girano leggende su fantomatici inventori che sarebbero arricchiti col gioco (totocalcio, totip, scommesse e così via) dopo aver viaggiato nel futuro ed esserne tornati, ma non abbiamo avuto nessun riscontro di qualcosa del genere e sospettiamo che si tratti di grosse fandonie.

In realtà la macchina del tempo è stata inventata e sperimentata più volte nel corso della storia, tuttavia i collaudatori hanno sempre fatto una pessima fine e con loro le sofisticate macchine che li accompagnavano. Ciò avveniva perché non si riusciva a beccare, per il rientro, l'esatto momento di partenza: il che comportava il cosiddetto "paradosso temporale", ossia due viaggiatori temporali e due macchine contemporaneamente se si tornava in un momento precedente la partenza. L'incappare in un paradosso temporale significa, come tutti sanno, l'essere ricacciato nei meandri dello spazio-tempo senza possibilità di tornare.

Miglior sorte hanno avuto coloro che sono riusciti a intraprendere il solo viaggio di andata, per due ottimi motivi: primo, le macchine che hanno utilizzato sono molto più semplici; secondo, in questo modo hanno evitato di incappare in paradossi temporali al ritorno.

Vi sono tracce di questi viaggi nel tempo di sola andata: J.J. Hutcheson, di Porthcawl, in Galles, ma di origine scozzese, è riuscito a intraprendere nel 1949 un viaggio fino al 2045. Di lui, ovviamente, non si sa ancora nulla.

Più documentabile, invece, la storia di Alfio (Alfonso) Torresani, di Villimpenta, detto il matto Alfio: narra suo cognato Mario Benini che abbia organizzato una spedizione nel milleseicento per impossessarsi della ricetta dell'oggi famoso risotto di Villimpenta.

Questo perché tutto il paese soffriva di un grosso complesso di inferiorità nei confronti dell'ottimo risotto al tastasal di Casteldario, paese vicino e inviso a Villimpenta per un'antica rivalità. Compar Alfio era sicuro che anche Villimpenta avesse una ricetta originale per preparare la carne per condire il risotto (gliel'aveva giurato suo nonno in punto di morte) e che, nonostante la sua importanza, fosse andata perduta.

Essendo abbastanza pratico di accelerazione di particelle tramite energia di fissione, elaborò una rudimentale macchina del tempo e con questa riuscì, traslocando l'intero proprio tempo-vita, a tornare indietro di quasi quattrocento anni, trovare la ricetta e nasconderla in una guglia della chiesa locale, dove rimase fino ai giorni nostri. Lì la trovò, come d'accordo, il cognato Mario, il quale la portò al sindaco. Era il 4 novembre 1956.

Oggi, alla sagra del risotto di Villimpenta accorrono 2500 persone ogni anno, quasi il doppio di quella di Casteldario.

La storia di Alfio resta nella memoria come un atto di eroismo, che difficilmente può essere emulato. Rischiò infatti la morte più e più volte per mano dei ristoratori casteldarini, che erano venuti a conoscenza delle sue intenzioni, e lo costrinsero a passare anni chiuso in un bunker, lui e il suo acceleratore molecolare, vegliato giorno e notte dagli 007 Villimpentesi.

Ma il suo sublime sacrificio non si fermò qui: non riuscendo a elaborare un modo sicuro per il ritorno al proprio tempo, si rassegnò a passare il resto della sua vita come bracciante in un latifondo del mantovano.

Noi tutto questo coraggio non l'abbiamo mai avuto, e mai ci saremmo imbarcati in imprese del genere se non fossimo stati sicuri di tornare più che in salute.

Per fortuna entrammo in contatto con un professore di Birmingham, tal Emmett B. Paganard, inventore. Costui progettò e realizzò una macchina in grado di viaggiare nel tempo con qualche limitazione ma dotata del pregio intrinseco di tornare automaticamente nelle stesse condizioni di luogo e istante da dove, e quando, si era partiti: il segreto di questo optional era merito di una geniale intuizione.

Si tratta di un attrezzo diviso in due parti: una fissa, l'altra tempo-mobile. Mediante un dispositivo di richiamo integrato e automatico la navicella mobile ritrova sempre il momento esatto di partenza, come se un elastico temporale collegasse le due parti della macchina.

Dopo aver costruito l'affare, il geniaccio se n'è fuggito a Santo Domingo. "Bottari, -mi ha detto- la vera macchina del tempo è questa" indicando il proprio basso ventre, rigenerato dopo poche sedute tantriche. Ed è partito con una creola di venticinque anni, per sempre e senza lasciare traccia, lasciando a me la macchina e carburante sufficiente per una decina di viaggi.

Il carburante consiste in un tubo di acciaio riempito di materiale fissile (non voglio neppure sapere come se lo procurò), che sollecitato da un impulso elettrico libera una quantità di energia sufficiente a portare il modulo mobile alla data desiderata, purché questa non disti oltre 30/35 anni dalla data di partenza.

Non ho ma saputo quale fosse il materiale contenuto in quei dieci tubi che ci lasciò; l'unica cosa che posso dire è che il materiale, dopo la fusione atomica, decadeva in mascarpone scaduto.

Il cronoelastico aveva una tensione temporale di circa due ore: in altre parole, arrivato a destinazione temporale, entro due ore dovevamo risalire sulla navicella altrimenti questa se ne tornava da sola nel momento di partenza. Tutto ciò che riusciva a salire sulla navicella tempo-mobile attraversava indenne il tempo.

Non potendo trovare nè lo scienziato, nè altro carburante, decidemmo di fare un po' di giri e di fregarcene di tutto il resto.

La breve autonomia ci ha permesso a mala pena di portare con noi di ritorno giornali, riviste o manoscritti, e di scambiare qualche parola con qualche abitante locale, quando abbiamo avuto la fortuna di trovarne qualcuno. Su queste pagine vi racconteremo quello che abbiamo visto.

La prima guerra dell'acqua

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