Il fogliettone di Veramente.org - Evelina è in viaggio con documenti che scottano e con un personaggio inquietante, di cui però si deve fidare.

Riassunto del prologo, del capitolo Idel capitolo II e del capitolo III:

Una ricercatrice precaria è incaricata di sbrogliare la matassa sul quorum del referendum sulla pubblicizzazione dell'acqua. Ma qualcuno gioca sporco: ora ne ha le prove, e il nemico lo sa. Una scia di morti accompagna il suo incarico, e lei stessa scampa a due attentati per miracolo.

Ora deve andare fino in fondo.

Durante il tragitto, Evelina apprese che la Santa Sede era neutrale fino a un certo punto. Nel suo seno c'erano i sostenitori dell'acqua pubblica, con in testa gli Stimmatini e Petrella, ma c'erano anche i fautori della privatizzazione obbligatoria, che aveva generato quell'assurda legge che il referendum si prometteva di modificare.

Le multinazionali che premevano per la privatizzazione avevano adottato la strada diplomatica, ma qualcuno al loro interno stava giocando sporco, e le morti di Ivanisevic e Lessing ne erano la testimonianza.

Il giapponese si dimostrò sinceramente sgomento nell'apprendere che Evelina era scampata miracolosamente all'attentato assieme a Lessing.

Questa frange violente del potere delle multinazionali e del Vaticano avevano dapprima falsato il risutato delle lezioni, deprimendo l'affluenza quanto bastava per stare sotto il quorum, poi avevano bruciato i documenti che li inchiodavano, infine avevano cercato di comprare il silenzio della controparte offrendo a Riccardo Petrella del denaro.

La cifra enorme aveva spaventato Petrella, che chiese aiuto a Shigeo Tani, militante e ricco abbastanza per non cadere in tentazione. Ed ecco il motivo della sua presenza.

"Mio Dio, arrivare fino a uccidere..." si chiese Evelina, pensando a Lessing, alla sua casa, a Ivanisevic.

"A questo livello," disse Shigeo, "si prendono tutte le strade, quella dura, quella morbida, e chissà cos'altro. Non escludo che abbiano proseguito nella trattativa economica, con discrete possibilità di successo, a mio parere".

"Ne dubito,
" concluse Evelina stringendo i manici della borsa sopra le ginocchia.

Ore 8.50, 16 giugno, 23 ore e dieci all'ora X. La voluminosa AUDI targata Lichtestein si fermò davanti a un casolare, in campagna, non lontano da Firenze. Lì il professore si era nascosto, per motivi di sicurezza.

Di fronte alla porta, due butteri dall'aspetto davvero poco raccomandabile. "Vogliamo vedere il professore" disse Shigeo.

"Non è possibile"

"Certo che è possibile",
chiese a Evelina la carta di identità e la diede a uno dei piantoni, che la osservò e la portò all'interno.

"Vedo che lei gode di piena fiducia," commentò ironica Evelina.

"È comprensibile, negli ultimi dieci giorni Riccardo Petrella ha subito due attentati".

Evelina pensò: "sono in buona compagnia."

"Potete entrare" disse la guardia uscendo dalla porta.

"Cari ragazzi, che piacere vedervi sani e salvi," disse il professore facendoli entrare. "Contavo molto su di voi, dottoressa Berti. Quali sono i risultati? È andato tutto bene?"

L'esimio osservava incuriosito la donna, di cui aveva sentito dire così bene. Certo, non se l'aspettava vestita in modo così appariscente, coi capelli rosso fuoco... Ma apprese dei risultati dei test con grande gioia.

"Domani l'incubo sarà finito. L'acqua è salva!"

Petrella sembrava tarantolato, ma anche Tani sembrava agitato, ed Evelina lo scrutava di sottecchi: si toccava nervosamente la giacca all'altezza della pistola, come a verificare la sua presenza.

Il professore, in preda a un'eccitazione incontenibile, chiese se volessero da bere e, senza attendere risposta, si girò per aprire il mobile bar. Solo a quel punto ella capì le intenzioni del ciccione miliardario, che tremando impugnò la pistola.

Una borsata azzurra lo colpì nel braccio, proprio mentre premeva il grilletto. Il proiettile centrò a sua volta il braccio del medico. Evelina continuò a colpire con la borsa Shigeo Tani, mentre un altro sparo echeggiò fuori della porta.

Questa si aprì di colpo, entrò una delle guardie. Era certamente un complice del giapponese, visto che al segnale convenuto, aveva sparato al compagno, che si intravedeva, sanguinante, steso al suolo.

Shigeo Tani, dolorante al braccio, gli urlò: "La borsa, prendile la borsa!"

Riccardo Petrella, lo precedette, si impossessò della borsa, e cercò di uscire dalla stanza. Uno spintone dell'energumeno fu sufficiente per gettarlo a terra. Puntò sul professore la pistola, si udì uno sparo.

Ma fu lui a cadere a terra, morto: da dietro la porta l'altro bodyguard, ferito e sanguinante alla testa, aveva regolato il conto con l'ex compagno.

Nella confusione, Shigeo Tani aveva guadagnato l'uscita, entrò in auto e se ne andò in una nuvola di polvere, senza l'agognata borsa azzurra, saldamente nella mano, quella non sanguinante, del professore.

Al volante dell'auto di Riccardo Petrella, Evelina pensò che bisognava agire con estrema cautela, se voleva portare a casa la pellaccia. Prima di tutto, occorreva portare i due feriti, che si lamentavano nel sedile posteriore, a medicare.

Era stata un'ottima idea, quella di mandare una mail a Elisabetta, benedetta donna, chiedendole l'indirizzo di un medico "sicuro", uno del WWF, a cui rivolgersi. Uno che avesse la possibilità di ricoverare il buttero, che era quello che se la stava passando peggio, e di dare una disinfettata all'avambraccio del luminare, ma senza fare domande, e senza coinvolgere la polizia.

Se non ci si poteva fidare nemmeno di gente come Shigeo Tani, come ci si poteva fidare della polizia?

Ore 11.25, 16 giugno, 20 ore e trentacinque minuti all'ora X.

L'ospedale Santa Maria della Gruccia, a Montevarchi, era perfetto. Poca gente, fu facile per Lorenzo, il contatto fornito da Elisabetta, medicare Riccardo Petrella senza refertare, e ricoverare il buttero per "caduta accidentale da cavallo". Era molto indebolito, aveva perso molto sangue, ma si sarebbe salvato.

Lorenzo era veramente un buon ragazzo: fece poche domande e fu molto premuroso. Conoscere e prendersi cura di Riccardo Petrella fu per lui un'emozione grandissima.

"Dovrebbe riposare, non farlo stancare troppo," disse a Evelina.

"Sarà dura," rispose Evelina, "dovremo passare la notte in auto. Comunque, grazie, di cuore. Senza di te non ce l'avrei fatta".

"Non c'è di che. Quando vorrai, mi farai sapere cosa è successo".

"Non ti preoccupare,"
continuò Evelina, facendo salire il professore in auto, "lo leggerai tra pochi giorni, sui giornali".

Erano le 17.53 del 16 giugno, 14 ore e sette minuti all'ora X, a Montevarchi (AR).

Fine del IV capitolo,  tra pochi giorni il quinto e ultimo!

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