In occasione della Settimana europea della mobilità sostenibile riproponiamo le soluzioni avanzate quasi una cinquantina di anni fa da Gianni Rodari.

C'era una volta un pifferaio magico. E' una storia vecchia, la sanno tutti. Parla di una città invasa dai topi e di un giovanotto che, con il suo piffero incantato, portò tutti i topi ad annegare nel fiume. Poi il sindaco non lo volle pagare e lui ricominciò a suonare il piffero e si portò via tutti i bambini della città.

Anche questa storia parla di un pifferaio: forse è lo stesso, forse no.

C'era, questa volta, una città invasa dalle automobili. Ce n'erano nelle strade, sui marciapiedi, nelle piazze, sotto i portoni. C'erano automobili dappertutto: piccoline come scatolette, lunghe come bastimenti, con il rimorchio, con la roulotte. C'erano automobili, autotreni, furgoni, furgoncini.. Ce n'erano tante che si muovevano a fatica, urtandosi, fracassandosi i parafanghi, schiacciandosi i paraurti, strappandosi le marmitte. E finalmente ce ne furono talmente tante che non ebbero più lo spazio per muoversi e rimasero ferme. Così la gente doveva andare a piedi. Ma non era tanto facile, con le macchine che occupavano tutto il posto disponibile. Bisognava aggirarle, scavalcarle, passarci sotto. E dalla mattina alla sera si sentiva:

- Ahi!

Questo era un pedone che aveva battuto la testa contro un cofano.

- Ahio! Ahia!

Questi erano due pedoni che si erano scontrati strisciando sotto un camion. La gente, si capisce, diventava matta dalla rabbia.

- E' ora di finirla!

- Bisogna fare qualcosa!

- Perché il sindaco non ci pensa?

Il sindaco sentiva quelle proteste e borbottava:

- Per pensarci, ci penso. Ci penso giorno e notte. Ci ho pensato anche tutto il giorno di Natale. Il fatto è che non mi viene in mente nulla. Non so cosa fare, che cosa dire e che pesci pigliare. E la mia testa non è più dura delle altre. Guardate che cerotto.

Un giorno si presentò in Comune uno strano giovanotto, Portava una giacca di pelle di pecora, le cioce ai piedi, un berretto a cono con un gran nastro. Insomma: pareva proprio uno zampognaro. Uno zampognaro senza zampogna, però. Quando chiese di essere ricevuto dal sindaco, la guardia gli rispose seccamente :

- Lascialo tranquillo, non ha voglia di ascoltare serenate.

- Ma io non ho la zampogna.

- Peggio che mai. Se non hai nemmeno una zampogna, perché mail il sindaco dovrebbe riceverti?

- Ditegli che io so come liberare la città dalle automobili.

- Cosa ? Cosa? Senti, gira al largo, che qui certi scherzi non vanno.

- Annunciatemi al sindaco, vi assicuro che non ve ne pentirete…

Tanto disse e tanto fece che la guardia dovette accompagnarlo dal sindaco.

- Buongiorno, signor sindaco.

- Eh, si fa presto a dire buongiorno. Per me sarà un buon giorno solamente quello in cui …

- … la città sarà liberata dalle automobili. E io conosco il sistema …

- Tu? E chi te lo ha insegnato? Una capra?

- Chi me lo ha insegnato non importa. A lasciarmi fare una prova non ci perdete niente. E se voi mi promettete una certa cosa, entro domattina non avrete più grattacapi.

- Sentiamo , che cosa ti dovrei promettere?

- Che da domani in poi in piazza grande ci potranno giocare sempre i bambini, e ci saranno per loro giostre, altalene, scivoli, palle di gomma e aquiloni.

- In piazza grande?

- In piazza grande.

- E non vuoi altro?

- Niente altro.

- Allora, qua la mano. Promesso. Quando cominci?

- Subito, signor sindaco…

- Dài, non perdere un minuto.

Lo strano giovanotto non perdette nemmeno un secondo. Si mise un amano in tasca e ne cavò fuori un piccolo zufolo, intagliato in un ramo di gelso. E addirittura lì, nell'ufficio del sindaco, cominciò a suonare una bizzarra cantilena. E uscì suonando dal palazzo del Comune, attraverso la piazza, si avviò verso il fiume…

Da lì a un momento …

- Guardate! Che fa quella macchina? Si è messa in moto da sola!

- Anche quell'altra!

- Ehi! Ma quella è la mia! Chi è che mi ruba la macchina. Al ladro! Al ladro!

- Ma non c'è nessun ladro, non vede? Tutte le automobili si sono messe in moto…

- Prendono velocità… Corrono …

- Chi sa dove vanno?

- La mia macchina! Ferma, ferma! Voglio la mia macchina!

- Provi a metterle un pizzico di sale sulla coda…

Da ogni punto della città le macchine correvano, in un frastuono inaudito di motori, scappamenti, trombe, sirene, claxon… Correvano da sole.

A fare bene attenzione, però, si sarebbe sentito sotto il frastuono, eppure più forte, più resistente del frastuono, il fischio sottile del piffero, la sua bizzarra, bizzarra cantilena…

Le automobili correvano verso il fiume.

Il pifferaio, senza mai smettere di suonare, le aspettava sul ponte. Quando arrivò la prima macchina – che per combinazione era proprio quella del sindaco – cambiò appena la melodia, aggiunse una nota più alta. Come per un segnale, il ponte crollò e l'automobile si tuffò nel fiume e la corrente la portò lontano. E giù la seconda, giù anche la terza, giù tutte le automobili, una dopo l'altra, a due a due, a grappoli, sprofondavano con un ultimo ruggito del motore, un rantolo della tromba, e la corrente le portava via.

Nelle strade di dove erano scomparse le automobili scendevano i bambini, trionfanti, con i loro palloni, le bambine con le bambole nelle carrozzelle, prendevano a scorrazzare tricicli e biciclette, passeggiavano sorridendo le balie.

Ma la gente si metteva le mani nei capelli, telefonava ai pompieri, protestava con i vigili urbani.

- E voi lasciate fare quel matto? Ma fermatelo, perdinci, fate tacere quel maledetto piffero…

- Anche il sindaco è diventato matto! Far distruggere tutte le nostre belle automobili!

- Con quello che costano!

- Con quello che costa il burro!

- Abbasso il sindaco! Dimissioni!

- Abbasso il pifferaio!

- Io rivoglio la mia macchina!

I più audaci si scagliarono addosso al pifferaio, ma si fermarono prima di poterlo toccare. Nell'aria, invisibile, c'era come un muro a difenderlo e contro quel muro gli audaci picchiavano invano con i pugni ed i calci.

Il pifferaio aspetto che l'ultima macchina si fosse tuffata nel fiume, poi ci si tuffò anche lui, raggiunse a nuoto l'altra riva fece un inchino e disparve nel bosco.

Le automobili corsero al fiume e l'una dopo l'altra vi si tuffarono, con un ultimo gemito di claxon. L'ultima a tuffarsi fu la macchina del sindaco. A quell'ora la piazza grande era gremita di bambini che giocavano e le loro grida festose coprivano i lamenti dei cittadini che avevano visto le loro macchine sparire lontano, trascinate dalla corrente.

Il pifferaio, finalmente, smise di suonare, sollevò gli occhi, e soltanto allora vide la folla minacciosa che marciava su di lui, e il signor sindaco che marciava davanti alla folla.

- E' contento, signor sindaco?

- Adesso te la do io la contentezza! Ti pare di avere fatto una bella cosa? Non sai quanto lavoro e quanto denaro costa un'automobile? Bel modo, di liberare la città…

- Ma io…Ma voi…

- Ma tu un bel niente, tu. Tu adesso, se non vuoi passare il resto dei tuoi giorni in prigione, ti attacchi al piffero e fai uscire le automobili dal fiume. E bada che le rivoglio tutte, dalla prima all'ultima.

- Bravo! Bene! Viva il signor sindaco!

- Il pifferaio obbedì. Obbedienti al suono del suo strumento magico le automobili tornarono a riva, corsero nelle strade e nelle piazze a occupare i posto che occupavano prima, cacciando i bambini, i palloni, i tricicli, le balie. Insomma, tutto tornò come prima. Il pifferaio si allontanò lentamente, pieno di tristezza e di lui non si è più sentito parlare.

Le automobili correvano, correvano…Verso il fiume, come i topi di Hamelin? Macché! Correvano, correvano… E a un certo punto non ce ne fu più nemmeno una, in città, non una sola in piazza grande, vuoto il corso, liberi i viali, deserte le piazzette. Dov'erano scomparse?

Tendete l'orecchio e sentirete. Ora corrono sotto terra. Col suo piffero magico quel bizzarro giovanotto ha scavato delle strade sotterranee sotto le strade, e delle piazze sotto le piazze. Laggiù corrono le machine. Si fermano, per prendere a bordo il proprietario, e ripigliano la corsa. Adesso c'è posto per tutti. Sotto terra, per le automobili. Sopra, per i cittadini che vogliono passeggiare parlando del governo, del campionato e della Luna, per i ragazzi che vogliono giocare, per le donne che vanno a fare la spesa.

- Che stupido, - gridava il sindaco, pieno di entusiasmo, - che stupido sono stato a non averci pensato prima!

Al pifferaio, poi, in quella città hanno fatto un monumento. Anzi due. Uno in piazza grande e uno sotto, tra le macchine che corrono instancabili nelle loro gallerie.

 

da "Tante storie per giocare" (RAI, ogni mercoledì dal 22 ottobre 1969 al 25 marzo 1970; pubblicate poi sul "Corriere dei Piccoli" nel 1970-71 e in volume dagli Editori Riuniti nel 1971 con le illustrazioni di Paola Rodari)

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