Vent' anni di trasformazione del territorio veronese visti dalla Mountain bike.

In picchiata a Mezzane di Sotto. Una valle, quella di Mezzane, che, per me, si era salvata dal cemento ed adesso anch'essa in preda alle convulsioni edilizie. C'è la festa dell'olio, un tizio vende marroni a 5,5 E al kilo. 10 anni fa "el vecio" da Montecchio (Maggiore) in lungadige Galtarossa vendeva 3 kg di castagne a diecimila lire. Aumento del 300%, se non ho fatto male i conti. Per fortuna che è il pane dei poveri! Altra segata.

Mi addentro nel vajo di Mezzane. Poi passo Sul Vago: una bella contrada. Bosco. Perfino qui hanno dovuto mettere un cancello per impedire l'accesso a fuoristrada e moto da cross. Proseguendo, mi imbatto in una risistemazione fondiaria. Altra moda da qualche decina di anni a questa parte. Il bel prato degli anni scorsi non c'è più. Non di solo vigne e olivi vive l'uomo. Tra l'altro fanno recioti e amaroni su terreni in genere portati dalla Bassa. Alla faccia del disciplinare. Tra l'altro, profitti e produzioni continuano ad aumentare, alla faccia di un'estensione di terreno finita, limitata. Il sospetto di uve od olive alloctone, cioè foreste, non viene a nessuno?

Matermigo. Altro cancello. Davanti a Casa Sole: Chissà perché i luoghi migliori, più ameni sono sempre ad appannaggio dei preti? Forse si preparano già il Paradiso in terra...

Sbuco sulla Via Cara, un tempo luogo di passaggio di armenti e di Santi. Costeggio la cava del Tomelon In lontananza altri monti rosicchiati da avidi topi. Meno male che la Bellocca è stata risparmiata!

Picchiata: Fontana Nuova, Marcemigo e Tregnago. E' ora di tornare indietro.

Passo l'ennesima zona industriale, con l'inevitabile tangenziale. Ad ogni paese la sua zona industriale, è il miracolo del Nordest che in meno di cinquant'anni ha miracolosamente distrutto il suo pregiatissimo territorio.

Padroni di distruggere a casa nostra, per Dio!

Mi infilo nello sterrato lungo il progno. C'è di tutto, dall'eternit, ai" bandoti" agli immancabili frigoriferi e materassi.

Mi volto indietro e un bellissimo tramonto illumina la montagna di Campofontana e le cime del Carega. Rosa, viola, violetto, blu, blu scuro. I colori ci insegnano che è sempre la Natura a comandare. Invece noi non impariamo niente. Il vento ha spazzato via il pulviscolo e i veleni e là in fondo,a sud, si distinguono le sagome degli Appennini.

Passo l'ennesimo monumento al nulla: la bretellina costruita per alleviare il traffico di Illasi. Incompleta e in sostituzione di uno sterrato che permetteva a noi ciclisti fuoristrada di arrivare a Tregnago senza patemi. Taglio il Progno per stradine secondarie, passando i Contrasti, Osteria arrivando infine al bivio delle quattro strade. Ad una delle tante rotonde spuntate come funghi in questo ventennio. Adesso sono in mezzo alle vipere a quattro ruote. E in più sta venendo buio. Quindi pedalo a più non posso per raggiungere il colle di San Giacomo.

Poco prima del colle non posso che guardare con rammarico al campetto a sinistra in lista di futura distruzione. Qui sorgerà la succursale del San Raffaele di don Verzè. Il prete amico del premier che si è messo in zucca di portare la vita dell'uomo a 120 anni. Consumano tutto, ma hanno paura di consumare il loro corpo.

Bando alla filosofia! A sudovest la lama infuocata del Sole riscalda il cuore.

Siamo alle Casette e la strada non è molto illuminata. Meno male, dice. Perché le reti arancioni a sinistra preannunciano grandi lavori di distruzione. Altro terreno fertile che se ne va, dal Bosco della Fratta fino al Borgo della Vittoria. Casermoni, centri commerciali, aree peep in arrivo. Ma che importa se aumenta il run-off? Se diminuisce la capacità di auto depurazione dei fiumi. Se diminuisce l'albedo e con essa aumentano l'afa e il caldo che dobbiamo sopportare d'estate?

Via via!

San Martino: ho davanti agli occhi il continuo, inarrestabile drago di auto vomitato dalla città che soffia in aria le sue pestilenze . Per cui, al bivio per le Ferrazze, giro saggiamente a destra. Poi mi infilo nello sterrato che costeggia le fosse Zenobia e Murara.

Buio pesto. Che contrasto con le luci artificiali di prima! A sinistra ci sono le antiche corti cinquencentesche del Bonettone e delle Bonetielle. Nel buio non si vedono le brutture. Faccio allora come Vallerani che si è ridotto a viaggiare di notte per non vedere le violenze fatte al territorio. Sindrome di Stendhal al contrario: chissà cosa direbbe Goethe se facesse il suo viaggio in questo periodo storico. Gli verrebbe un colpo, a passare la pianura padana.

Sono a Montorio, prendo la pista ciclabile e ritorno in città, nella gabbia dei matti, e mi rintano in casa. Vado a letto, sotto il tepore del piumino tedesco. Guardo il piccolo Lorenzo nel lettino e mi immagino per lui magnifiche sorti e progressive fatte di cemento e asfalto.

Mi addormento.

Al risveglio sarò pronto per un'altra giornata di ordinaria distruzione. Il prodotto finale di questa troppo laboriosa umanità moderna.

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