Giorgio Massignan propone che il Museo di Scienze Naturali venga spostato in blocco all'Arsenale. In questa direzione Verona si era mossa già dalla fine del secolo scorso, fino a quando Tosi & C. diedero inizio alla roulette delle destinazioni museali.
Com'era prevedibile, gli spazi di Castel San Pietro risultano insufficienti per i reperti che oggi si trovano a Palazzo Pompei e dovranno, in parte, essere collocati all'ex Arsenale. Non sono certo i ritrovamenti archeologici emersi dal cantiere che hanno impedito l'intero trasloco. Era sufficiente valutare che il materiale del museo era dislocato su una superficie di oltre seimila metri quadrati, mentre a Castel San Pietro ne sono disponibili meno di quattromila. Ecco quindi la necessità di di-videre quello che era considerato, per importanza, il terzo museo di scienze naturali in Italia in due sedi: a Castel San Pietro l'esposizione e la didattica, all'ex Arsenale, nella palazzina 12, i laboratori tecnico-scientifici e la biblioteca.Sull'uso da destinare a questo complesso di architettura militare austriaca la Pubblica Amministrazione, considerata la scarsità di risorse economiche, ha deciso di ricorrere a un intervento pubblico-privato, soluzione che consentirà agli ope-ratori privati di intervenire su un patrimonio che avrebbe dovuto essere mantenuto ad esclusivo uso pubblico. Va ricorda-to che dopo quello di Vienna, il nostro era il più grande arsenale dell'epoca, occupando una superficie di ben 140.000 mq.
Ma lo scandalo sta soprattutto nella totale mancanza di programmazione sulla localizzazione e gestione del nostro patri-monio storico-culturale. Verona, in Italia, rappresenta la quarta città d'arte; è un preziosissimo giacimento culturale, che andrebbe rispettato, conservato e valorizzato. Invece chi ci amministra pensa solo a svuotare i palazzi avuti in eredità da generosi concittadini, per essere venduti e fare cassa. L'Arsenale è il simbolo di come la nostra amministrazione, avendo gravi carenze economiche, scelga in modo indiscriminato, il metodo di vendere o alienare per quasi cent'anni, beni che appartengono a tutta la comunità veronese. La vicina Trento ha una politica ben diversa, infatti il loro museo, il Muse, progettato da Renzo Piano, in un anno ha avuto circa duecentoquarantamila visite. Voglio citare anche la vicenda positi-va del forte di Bard in Val d'Aosta che, dopo essere stato correttamente restaurato, ora è sede di musei, mostre ed eventi culturali, con il relativo indotto economico su tutto il territorio.
E' doveroso rammentare che nei primi anni duemila, la compianta naturalista Beatrice Sambugar, insieme al geologo ambientale Pauli Zuegg, aveva realizzato, su incarico del Comune, il piano tematico di riuso dell'Arsenale quale sede del museo di Storia Naturale, in linea con il masterplan di Chipperfield. Oltre al museo, avrebbero trovato ospitalità una se-zione staccata del museo di Castelvecchio, un 'asilo nido, alcuni negozi, una struttura destinata "alla città dei bambini" e un auditorium. L'obiettivo era di attirare almeno quattrocentomila visitatori all'anno. Un tale parco tematico, all'interno di una struttura storico-militare come l'Arsenale, sarebbe stato unico in Europa e per tale motivo si sarebbero potuti avere finanziamenti dall'Unione Europea. Personalmente ritenevo il progetto dell'archistar inglese David Chipperfield poco ri-spettoso delle caratteristiche tipologiche della struttura militare asburgica, e avrei preferito un intervento di restauro con-servativo senza nuovi corpi edilizi; ma l'idea del parco tematico con il museo di scienze naturali, l'ho sempre considerata ottima per Verona.
Quello che più di tutto è mancato e manca è un piano regolatore dei nostri cosiddetti contenitori monumentali di proprietà pubblica, per capire quali risposte si potevano ricavare dal loro corretto utilizzo. Invece, le scelte sul loro destino sembra-no prese senza alcuna programmazione logica. Si ha l'impressione che manchi, o si voglia volontariamente farla manca-re, una piattaforma programmatica sulla destinazione del nostro patrimonio storico culturale.
In tal modo si perde l'opportunità di dotare Verona di ottimo ed omogeneo impianto museale.