Ci troviamo sempre più spesso ad affrontare situazioni di emergenza o di calamità. Ci stiamo facendo l'abitudine, ma i costi diventeranno presto insostenibili.
Piuttosto di cambiare il nostro sistema di vita siamo disposti a farci distruggere (noi e i nostri figli) dalle conseguenze dei nostri comportamenti dissennati.
Foto 1-2 - Dal Corriere di Verona: Nella notte sulla ciclabile tra Volargne e Ceraino, nel comune di Dolcè, è franato un fronte di circa 20 metri di lunghezza di asfalto a causa della corrosione dell'argine dell'Adige. Domenica, in previsione del possibile allagamento, la protezione civile aveva già chiuso la ciclabile, infatti, lunedì, puntualmente, ha iniziato a esondare il fiume e martedì la sponda ha iniziato a cedere. Poi, nel corso della notte tra martedì e mercoledì, la frana. L'ultimo tratto della ciclabile realizzata dall'amministrazione comunale di Dolcè in collaborazione con il Genio Civile, è stato inaugurato a maggio.Foto 3-4 - Le due foto mostrano come è stata rimodellata l'ansa dell'Adige in occasione della realizzazione della pista ciclabile. Si noti come i vigneti siano cresciuti verso la riva e come siano stati asportati centinaia di mc di ghiaia alluvionale, materiale edilizio particolarmente pregiato, creando una sponda inconsistente ed instabile. Il tutto sotto la supervisione del Comune di Dolcè, del Genio Civile e del Servizio Forestale Regionale.
Foto 5 - Ad Asiago si parla di più di 3 mila alberi caduti. Nei 7 comuni dell'Altipiano gli alberi abbattuti dal vento in tutto il territorio sarebbero stimabili invece in 300 mila. Interi boschi nella zona tra Gallio e Foza sono stati in pratica spazzati via dal vento.
Nel primo caso si stenta a credere che i geni del Genio Civile e i tecnici del Comune di Dolcè non siano stati in grado di prevedere che quella strada sarebbe entrata in crisi con la prima piena. Poi, se guardiamo bene la foto, vediamo che il vigneto arriva fino ad un metro dalla pista ciclabile e che quindi la pista ciclabile era stata concepita come argine del fiume!
Nel secondo caso abbiamo la "solita" commistione di interessi pubblici e privati, con il privato che guadagna terreno verso il fiume, l'impresa appartatrice che "porta a casa" qualche centinaio di mc di ghiaia di fiume e con l'ente pubblico che si ritrova alla fine senza ghiaia e senza pista ciclabile. La tentazione di pensare male di questi amministratori pubblici è forte.
Nel terzo caso si vede una strage di alberi sui due lati di una pista da sci con relativo impianto di risalita. E' risaputo che un bosco, quando viene interrotta la continuità della copertura arborea, è maggiormente esposto ai venti eccezionali che sempre più spesso si abbattono sulle nostre contrade.
Potremmo mettere in fila decine e centinaia di casi di questo genere, alcuni remoti, altri recenti e altri ancora in progetto, come le dighe di Settimo e Arcè sull'Adige.
C'è una continuità logica in tutti questi interventi: Il territorio va sfruttato economicamente millimetro per millimetro. Su questo principio siamo tutti d'accordo, i singoli cittadini, le imprese private, le aziende pubbliche, le associazioni di categoria, i sindacati, i comuni, le provincie, le regioni, il genio civile, il servizio forestale regionale, e chi più ne ha più ne metta, compresi i partiti, sia quelli vecchi che quelli nuovi.
Anche di fronte a catastrofi inaudite, come quelle dei giorni scorsi, con morti, devastazioni, perdita di abitazioni, di siti produttivi e di capitali investiti per miliardi di euro, non cambia minimamente il nostro approccio alla realtà. L'importante è far ripartire l'economia, aumentare il PIL, incentivare gli investimenti, aumentare l'occupazione.
Che questa furia produttiva sia responsabile di gran parte delle "calamità naturali", che stanno distruggendo giorno dopo giorno tutti i risultati di decenni di espansione economica, non ci passa neanche per l'anticamera del cervello. Avanti tutta con ponti, strade, fabbriche e ferrovie, piste ciclabili (appese e sospese), dighe, sbarramenti di biblica memoria, vigneti fin dentro l'alveo dei fiumi e sulle vette delle montagne, allevamenti in cui gli animali neanche toccano terra e coltivazioni sostenibili solo con un impiego abnorme di prodotti chimici.
Diciamoci la verità: nessuno pensa davvero che sia possibile cambiare strada, anche se tutti ormai abbiamo capito che per questa strada non c'è alcun futuro per i nostri figli.