Scambiare il prezzo del cibo con il suo valore ci ha distrutto l'anima.
Si chiude l'evento di Slow Food, salutato dalla stampa italiana e straniera positivamente.
Oltre 200 mila visitatori, 30% di stranieri in più rispetto a due anni fa, 900 espositori, un budget di 13 milioni di euro e la certezza che il percorso di fusione tra il Salone del Gusto e Terra Madre è stato raggiunto. Cinque giorni intensi, ricchi di soddisfazioni e obiettivi raggiunti. Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia manifesta la sua soddisfazione perchè si tratta di un risultato positivo in questo momento di crisi.
Crisi ahimè anche di mostre in Italia.
Giorni fa ho presentato la mostra su Chardin il pittore del silenzio, protagonista dell'arte del ‘700. Tante immagini, suggestioni, atmosfere da me preparate, pensate e proposte al pubblico per invogliare prima di tutto ad andare a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, per non perdere una della mostre più intense, corrette e serie oggi in Italia e poi per riflettere sul valore delle cose semplici e l'affermazione del silenzio rispetto all'arroganza rumorosa del potere, in questo caso la corte di Versailles.
Al termine della presentazione mi sono piacevolmente stupita e divertita quando un distinto signore fra i presenti mi ha detto che le opere di Chardin gli procuravano un languorino allo stomaco, in poche parole una piacevole voglia di mangiare e di assaggiare. L'intervento mi ha fatto molto piacere sentendo nello sguardo di quel signore una richiesta e una riflessione legata al gusto.
Il cibo scelto da Chardin, i tavoli da cucina essenziali pensati e dipinti da questo artista amato e copiato dai colleghi moderni, da Cézanne a Braque, da Morandi a Paolini, definito da Van Gogh pari a Rembrandt, i suoi oggetti sempre quelli hanno risvegliato i sensi ma nel rigore costante dell'osservazione e nell'attesa che è potente nella sua pittura più del gesto stesso.
L'attenzione precisa, sempre uguale sia che si tratti di un paiolo di rame, di una lettera d'amore protetta dalla ceralacca o bolle di sapone o sgombri e prugne, fragole o cacciagione ripaga l'artista ma anche lo spettatore regalandogli la possibilità di entrare in altre dimensioni. Anche quella di desiderare di assaggiare, di gustare la genuinità del cibo.
Chardin sa risvegliare in noi due qualità umane portanti: l'austera anarchia, di chi sa opporsi e fare delle scelte coraggiose ma scomode e l'intelligenza affettiva chiamata empatia, la forza cioè di una fraternità che non dimentichiamo essere stato il terzo valore della rivoluzione francese. E con Chardin in pittura o in musica con Sainte Colombe o Marin Marais il Settecento orgogliosamente si fa spazio fra i belletti maleodoranti dei cicisbei.
Nel tempo, fra tutti i valori, la fraternità è stata quella più dimenticata. Oggi siamo pieni d'intelligenza, ma razionale e manca completamente l'intelligenza affettiva.
E allora da dove si riparte. Dal cibo naturalmente.
Questo significa soprattutto difendere, portare in evidenza la sovranità alimentare e quella della conoscenza: ogni popolo, ogni comunità ha il diritto di scegliere cosa mangiare, cosa seminare e come comunicare; ha diritto alla propria identità.
Chardin insegna che il senso della vita è davanti ai nostri occhi, le risposte da ricercare nella nostra quotidianità, nella genuinità dei gesti, nelle cose e nella natura. Non si esce dalla crisi entropica se non volando molto alto e cambiando profondamente i paradigmi a partire dalle nostre singole, piccole vite.
Scambiare il prezzo del cibo con il suo valore ci ha distrutto l'anima.
E' ora di non farsi più del male.
Bravo Chardin!
Il 25 novembre 2010 ore 20.30 ripresenterò la mostra presso la Biblioteca di S. Ambrogio di Valpolicella come Libera Università Popolare. Ingresso doverosamente libero.