Giorgio Massignan, presidente provinciale di Italia Nostra, entra nel merito delle scelte urbanistiche che sono state fatte e che sarebbe opportuno fare nella nostra città.
La pianificazione territoriale ‘democratica'.Il metodo migliore per valutare se un determinato territorio sia stato pianificato bene o male, sta nel verificare se tutti i cittadini, in egual misura, possono godere dei medesimi diritti e debbono sottoporsi agli stessi doveri. Le valutazioni tecniche sul tipo di pianificazione di una città verranno dopo; i dati più importanti da analizzare sono la sua qualità urbana e il grado di democrazia urbanistica che ha raggiunto.
Per esempio, la notizia recente che un altro "barbone" è morto assiderato nella ricca Verona, mi costringe a considerare questa città, pianificata in un modo sbagliato. Una città si potrà riconoscere vivibile solo quando sarà in grado di ospitare dignitosamente i suoi componenti più deboli e fragili, fisicamente, psicologicamente, socialmente ed economicamente.
La città ‘democratica' non può escludere i bambini, che devono avere il diritto di passeggiare, correre e andare in bicicletta senza rischiare la vita. Così come deve essere accessibile agli anziati, ai portatori di handicap e ai "senza tetto", che considerano l'intera città la loro casa.
Potremmo parlare di città compatta, o multifunzionale, o concentrica, o radiale, etc., ma l'essenziale è capire come ci vivono le categorie più deboli. Ogni città è unica, ha caratteristiche esclusive e non si potrà mai considerare un prototipo per intervenire in altre città. Però, alcuni parametri si possono utilizzare per analizzare e confrontare le città, anche se ospitate in luoghi morfologicamente e storicamente diversi. Per esempio: i tempi di spostamento casa lavoro e viceversa, o casa scuola e viceversa; la percentuale di traffico privato e pubblico; la rete ciclabile; la percentuale di verde pubblico e di parchi urbani; il patrimonio edilizio non o sottoutilizzato; la percentuale di zone pedonali; il grado di inquinamento atmosferico e acustico; il rapporto con la campagna circostante; lo stato di conservazione del patrimonio storico monumentale; le strutture per i servizi culturali, sportivi e del tempo libero. La risposta a questi paramenti permette di capire la qualità e la vivibilità di una città; e per città non intendo solo il centro storico, ma l'intero contesto comunale.
Purtroppo, poche delle nostre città, forse nessuna, risponderebbe in modo positivo ai parametri citati.
Gli urbanisti: i notai delle scelte immobiliari.
Il motivo è la pianificazione territoriale, o meglio la non pianificazione territoriale, ridotta a un atto burocratico per giustificare e legalizzare la speculazione edilizia. La progettazione del territorio si basa solo sul valore economico delle aree. Non si progettano porzioni di città, con quota parte di abitazioni, di negozi e di uffici, con spazi pubblici sia aperti che chiusi, con relative aree pedonali; ma poli funzionali accessibili soprattutto con i mezzi privati a motore. Le moderne città sono degli agglomerati con poli monofunzionali per la residenza, il commercio, o il direzionale, concentrati disordinatamente attorno ad un nucleo storico, sulla base del valore immobiliare delle aree. Il ruolo degli urbanisti è di giustificare tecnicamente le scelte dettate dalla speculazione edilizia. I risultati li abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: città concentriche con problemi insolubili di traffico e con un consumo di suolo che ha ridotto, ed in molti casi annullato, il rapporto città/campagna, riunendo le sfrangiature periferiche del tessuto urbano cittadino con i borghi rurali esterni.
Dalla metà degli anni '50, il territorio e l'ambiente sono stati considerati una riserva di caccia per gli operatori economici e per i loro referenti politici.
Lo sviluppo urbanistico del nostro territorio non è stato il frutto di studi obiettivi e analisi scientifiche, ma il prodotto tra il fattore economico e quello politico amministrativo.
Gli stessi professionisti hanno spesso rappresentato il collegamento tra chi investiva economicamente e le pubbliche amministrazioni. Lo stesso ruolo delle commissioni edilizie comunali, i cui membri sono eletti politicamente, rappresenta un efficace filtro di controllo politico per la gestione del territorio.
I risultati sono stati:
-sviluppo delle città a macchia d'olio, concentrate attorno ai centri storici.
-Carenza di seri ed efficienti piani della mobilità pubblica.
-Annullato il concetto di limite urbano.
-Ignorato il recupero del patrimonio edilizio esistente.
-Il consumo irrazionale ed eccessivo di suolo.
Gli strumenti urbanistici: piattaforme tecniche che notificano la speculazione edilizia.
Un raffronto con la Germania di Kohl, che nel 1998 pose l'obiettivo, rispettato, di non investire ogni giorno nell'urbanizzazione più di 30 ettari, mette in risalto la differenza con la nostra realtà, dove di suolo ne consumiamo almeno 4 volte tanto. L'obiettivo di Kohl è stato rispettato da tutti i governi che sono succeduti, sia di centro sinistra sia di centro destra. Ora, in Germania, si stanno dotando di opportuni strumenti per realizzare "un'economia di rotazione delle aree". Per ogni nuova occupazione di suolo dovrebbe essere naturalizzata una superficie equivalente da un'altra parte.
Parecchi stati europei considerano il suolo, una risorsa sostanzialmente non rinnovabile, un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale che ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; che svolge un ruolo fondamentale come habitat. Nel suolo sono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l'acqua, i nutrienti e il carbonio. Purtroppo, i nostri politici preferiscono ignorarlo e sono sensibili ad una pianificazione urbanistica più vicina agli interessi immobiliari che alla tutela delle risorse comuni. In questo modo il suolo è considerato come una piattaforma sempre disponibile a generare rendita. Nelle scelte di piano non hanno valutato che il suolo non è una risorsa infinita e che è soggetto agli effetti ambientali, che può subire e a sua volta rimandare. Coloro che hanno deciso questo tipo di pianificazione non hanno valutato le condizioni di un territorio sovra-urbanizzato e i conseguenti danni. Così, ancora una volta, non si è colta l'opportunità economica che il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, la rinaturalizzazione e la messa in sicurezza di ampie zone a rischio idrogeologico e la conservazione del magnifico patrimonio storico monumentale, avrebbero potuto offrire al settore dell'edilizia. Di fatto, la scelta di come investire e agire sul territorio è suggerita dalla partecipazione degli operatori immobiliari privati nei processi decisionali e strategici pubblici locali. Il tutto, in un contesto amministrativo in cui la questione ambientale è debolmente rappresentata e poco sostenuta; e dove, provvedimenti fiscali tipo la possibilità di usare più della metà degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente, hanno creato le condizioni favorevoli per il consumo del suolo. Le amministrazioni locali si sono così appropriate di una pratica, secondo la quale il suolo viene concesso alle trasformazioni immobiliari, per finanziare servizi, stipendi ed eventi locali.
Per chi volesse approfondire l'argomento, un interessante documento che Giulio Saturni, urbanista, ha presentato a Verona Partecipa.
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