Dobbiamo salvare, recuperare e conservare il patrimonio archeologico, storico e ambientale che è sopravvisuto all'incuria del tempo e alla nostra cupidigia, oppure possiamo utilizzare (e quindi distruggere) liberamente l'eredità che ci è stata tramandata per ricavarne un profitto immediato? Il dilemma si ripropone identico per l'Arena e per l'Arsenale, ma anche per le vecchie strade selciate, i sentieri, le alberature, i SIC, i Parchi, le Oasi di protezione naturalistica, ecc.
Si sa che il sindaco di Verona distingue il genere umano in due categorie: quelli che gli danno ragione e quelli gli danno torno. Così la dottoressa Giuliana Cavalieri Manasse, che si era permessa di criticare la scelta di coprire l'Arena, viene presa dal sindaco a male parole: "dimostra di avere una visione di tipo retrogrado, direi reazionario, anche se molto spostata sulle indicazioni politiche dell'estrema sinistra".L'ex responsabile del nucleo operativo della Sovrintendenza ai Beni Archeologici aveva fatto notare che: "l'Arena ha circa 2020 anni e ha retto a incendi, terremoti, alluvioni e spoliazioni, non certo per i restauri fatti nell'ultima ventina d'anni, ed è ridicolo, oltre che un'offesa all'intelligenza dei veronesi, dire che la copertura servirebbe a tutelare il monumento e non, come è in realtà, a fare cassa raddoppiando le serate liriche in Arena".
Così, oltre che post-ideologico (bontà sua) e post-democratico (bontà nostra), ora Tosi si autodefinisce anche "pragmatico, pratico e concreto" ed arriva spiegare nel dettaglio alla dottoressa Manasse cosa si deve o non si deve fare per conservare adeguatamente l'anfiteatro romano. D'altra parte è nota a tutti la passione di Tosi per il mondo classico e per gli studi ingegneristici.
In realtà la Sovrintendente Cavalieri Manasse era stata fin troppo delicata nelle sue osservazioni, perché è di tutta evidenza che la vera funzione della copertura dell'Arena non può essere quella di proteggere i gradoni dalle infiltrazioni dell'acqua e neppure quella di salvare gli spettacoli lirici, ma caso mai quella di garantire i sostanziosi proventi derivanti dai concerti rock, sempre più numerosi e sempre più remunerativi.
Il trattamento riservato all'ex Arsenale austriaco negli ultimi 10 anni è significativo dell'importanza che i beni storici ed architettonici veronesi hanno rivestito per le amministrazioni guidate da Tosi. Il progetto presentato da Contec, Italiana Costruzioni e Saint-Gobain e immediatamente adottato da Tosi è un indicatore evidente del baratro culturale in cui è piombata la nostra città negli ultimi 10 anni. E che dire di uno dei più importanti musei europei dislocato da anni in diverse sedi provvisorie, inadeguate e spesso inaccessibili, senza un progetto definitivo di ricomposizione?
Sorvoliamo sul miracolistico recupero dell'ex caserma Passalacqua, dei bastioni, dei 3 parchi, dei parcheggi, delle piste ciclabili, il tutto impreziosito da lussuose palazzine con destinazione residenziale, commerciale ed a servizi.
32 milioni buttati al vento.
Se usciamo dal centro storico e ci inoltriamo nella provincia, cambia il contesto ambientale, ma non cambiano i principi ispiratori.
Al laghetto del Frassino è tutto un fiorire di iniziative private e pubbliche, iniziative che stanno trasformando un sito concepito per la conservazione degli habitat e delle specie in un polo turistico alberghiero in cui ci sarà sempre meno spazio per gli habitat e per le specie e sempre più spazio per i picnic e per le comitive festanti e chiassose. Il tutto con la benedizione dell'amministrazione comunale di Peschiera e, duole dirlo, con l'avvallo di alcune associazioni ambientaliste.
E' chiaro che la conservazione di un habitat o una specie animale o vegetale non comporta un immediato guadagno, ma poi, guarda caso, tutti i più importanti esperti di sviluppo turistico indicano gli ambienti naturali ben conservati come uno dei poli più importanti su cui si sta orientando la domanda di vacanze. Il problema è che noi questi poli li stiamo progressivamente distruggendo e quindi fra un pò non avremo niente da offrire ai turisti.
A pochi chilometri dal Laghetto del Frassino, sulla strada del Pilandro, nel bel mezzo del comprensorio del Lugana, fino ad un anno fa si era salvata una discreta area coltivata a prato, con diversi filari di gelso, alcune piante secolari di quercia e un piccolo corso d'acqua. Nel giro di un anno è stato tagliato tutto il bosco su un lato della strada ed è iniziato il taglio degli alberi anche sul lato opposto. C'è stata una forte reazione da parte di alcuni cittadini e di alcune associazioni ambientaliste, una reazione che per il momento è riuscita a fermare le motoseghe, ma il rischio di veder sparire anche gli ultimi filari di gelso è tuttora molto alto.
Il degrado e la banalizzazione del paesaggio comportano un danno per la collettività e in particolare per i produttori del Lugana. Laddove il paesaggio è stato ben conservato con elementi di "archeologia agricola" aumenta la percezione del valore del vino e quindi la disponibilità a pagare un prezzo più alto per la stessa bottiglia.
Conservare un anfiteatro non è diverso dal conservare uno scorcio di paesaggio, una sequenza di muretti a secco, un filare di cipressi, un'oasi di protezione faunistica, un sito di interesse comunitario o, più semplicemente, una vecchia strada selciata. Sono questi i nostri veri tesori, che dovremmo preoccuparci di proteggere e di conservare e che invece stiamo dilapidando giorno dopo giorno.