Analizziamo il peggio della Bestia, ovvero Amazon, azienda ingiustamente sottovalutata, ma potenzialmente la migliore candidata a dominare il mondo.
Tra le GAFA, Amazon viene raramente analizzata. Ma in realtà ha tutte le caratteristiche per scalzare le avversarie.
In queste pagine parliamo spesso di Bestia, l'ultima incarnazione del più becero e distruttivo capitalismo, identificato anche con l'acronimo GAFA: Google, Apple, Facebook e Amazon. Microsoft, come noto, non se la caca più nessuno.
Ma quando scendiamo nello specifico, parliamo solo di tre su quattro. Nominiamo spesso Google, perché è azienda estremamente pericolosa, Apple, perché azienda modaiola, e quindi sta sullo stomaco a prescindere, e Facebook, perché azienda particolarmente carogna.
Raramente abbiamo parlato di Amazon, e abbiamo fatto male, perché quest'azienda è pericolosa come Google, fighetta come Apple e carogna come Facebook. In più, a differenza delle altre, che sono solite pagare bene le maestranze, è anche parecchio tiranna con i dipendenti.
Sul perché sia alla moda, basta guardare il successo che sta avendo il sistema di spedizioni come fenomeno di costume. Farsi spedire i pacchi da Amazon, essere abbonati al servizio Prime, sono diventati dei veri e propri status symbol, testimoniati dalle campagne pubblicitarie che l'azienda fa presso i numerosi 'influencer'.
Si tratta di un meccanismo pubblicitario recentissimo: vi è una piccola schiera di persone, gente senza arte né parte, che sul proprio canale youtube intrattiene con argomenti frivoli milioni di giovani disorientati, che evidentemente non hanno molto da fare durante il giorno. Questi produttori di video frivoli sono stati riconosciuti in grado di influenzare i consumi dei propri milioni di seguaci.
Il meccanismo non è molto diverso da quello che che è usato storicamente dai brand di articoli sportivi che pagano cifre astronomiche dei campioni per indossare indumenti da quattro soldi rivenduti a centinaia di euro. Ma qui il processo è molto più veloce, grazie alla consegna in 24 ore: l'influencer mostra il prodotto, ed entro pochi minuti è possibile valutarne l'effetto sugli ordinativi (tanto il venditore è praticamente uno solo), potendo correggere se necessario, in 24 ore qualche forma o colore, con un nuovo inutile video.
Amazon è fighetta, ma anche pericolosa, proprio perché ha realizzato un'infrastruttura organizzatissima di logistica e spedizione. Come Apple (che produce smartphone e computer), non si è limitata alla supremazia nel mondo virtuale, ma ha messo pesanti basi nell'economia reale, quella fisica, attraverso i magazzini di interscambio, la rete di consegna, e ora con i supermercati Amazon Go. E ricordiamo che il maggior danno di tutto questo trambusto è quello ambientale (vedi L'e-commerce inquina oppure Il danno ambientale di Amazon Go).
Per questi motivi, tra le 4 GAFA, Amazon è quella che ha più la possibilità di tradurre in denaro il furto sistematico dei dati che avviene tramite lo smartphone (vedi L'arma finale). Tutte le GAFA guadagnano con la pubblicità, ma Amazon è l'azienda che nella stragrande maggioranza dei casi concluderà il contatto pubblicitario con una vendita effettiva, massimizzando i guadagni.
Forse per questo motivo, il suo titolare Bezos è l'uomo più ricco del mondo, e il suo patrimonio è stimato attorno ai 200 miliardi di euro. Nell'aprile dello scorso anno ha aumentato il suo patrimonio di 8 miliardi in due giorni, a causa di un aumento del prezzo delle azioni di Amazon. Dice che ha difficoltà a sapere cosa fare con tutti quei soldi: "L'unico modo che mi viene in mente per impiegare queste enormi risorse finanziarie sono i viaggi spaziali."
Ma Amazon pare voglia eccellere anche in carognaggine. I dipendenti di Amazon non sono dei privilegiati, anzi. "Il lavoratore medio di Walmart guadagna circa 35.000 dollari l'anno, mentre ad Amazon ne porta a casa circa 21.500 l'anno," riferiva la CNN nel 2013. "Siamo cioè meno di 900 dollari anno al di sopra della soglia di povertà stabilita dagli USA per una famiglia di quattro persone." Secondo la BBC, i conducenti di furgoni per Amazon nel Regno Unito guadagnano la metà del salario minimo e sono sottoposti a tale pressione da essere costretti a usare i loro veicoli come bagni.
I sindacati sono ferocemente contrastati da Amazon, che da parte sua ha licenziato 850 dipendenti a Seattle dopo una campagna di sindacalizzazione, e assunto una società di consulenza americana, il Burke Group, per contrastare una campagna sindacale nel suo stabilimento di Milton Keynes nel Regno Unito.
E nemmeno il fisco ottiene molte soddisfazioni. Amazon ha realizzato negli USA utili per 5,6 miliardi di dollari nel 2017, ma non ha pagato un centesimo di imposta sul reddito. In un accordo stragiudiziale, ha concordato un rimborso di 137 milioni di dollari. Ma dall'altra parte, Amazon aveva già ricevuto 1,2 miliardi di dollari in sussidi statali nel corso degli anni, e ne riceverà altri 3 miliardi quando aprirà la nuova sede a New York City e a Washington.
E fuori USA non va certo meglio: secondo un recente rapporto del Center for Economics and Business Research, le librerie indipendenti nel Regno Unito pagano un'imposta societaria 11 volte superiore a quella di Amazon. Lo stesso rapporto rivela che le librerie si stanno attualmente chiudendo ad un tasso del 3% annuo con il numero di librai indipendenti che dimezzano negli ultimi 11 anni.
Lunghissima è la lista delle proteste da parte dei dipendenti di Amazon sulle condizioni di lavoro, sia negli USA che in Europa. Solo per fare un esempio, nel 2013, il giornalista Jean-Baptiste Malet si è fatto assumere presso il centro logistico di Montélimar, assegnato al turno notturno. Il suo racconto, descrive le condizioni di lavoro dei numerosi lavoratori interinali di Amazon, definiti "i nuovi proletari per i quali creiamo ogni giorno nuovi posti di lavoro, a colpi di clic". Il lavoro di Malet punta il dito contro il numero enorme di lavoratori precari, i ritmi sfiancanti, le pessime condizioni di lavoro mascherate da paternalismo.
Qui in Italia il testimone di Malet è stato raccolto da Chiara Proietti D'Ambra, che per Piazzapulita ha realizzato nel 2017 il servizio qui riprodotto. Inoltre, grande polemica ha suscitato, circa un anno fa, il brevetto da parte di Amazon del braccialetto elettronico, attrezzo ufficialmente ideato per velocizzare la ricerca dei prodotti stoccati nei magazzini da parte dei dipendenti, guidando i movimenti nella giusta direzione, in realtà estremo strumento di controllo, in grado di monitorare in tempo reale tutti i movimenti di picker.
Questi sono i motivi per cui, se è vero che, come dice Tabarrok, l'economia digitale è una winner-takes-all-economy (vedi Uber Economy 3: the winner), abbiamo la sensazione che quel winner potrebbe essere proprio Amazon.