Continua l'analisi dell'economia web 2.0. I vantaggi delle innovazioni tecnologiche scemano non appena diventano di dominio pubblico. Gli svantaggi, invece gravano pesantemente su di noi e sul nostro pianeta.

 

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Pleistocene, l'alba della civiltà umana. Urgh e Sgrunt sono due esemplari del genere Homo. Piuttosto evoluti, visto che hanno sviluppato la tecnologia della clava, che ha reso dominanti le loro rispettive tribù in quel lembo d'Africa.

Urgh, il più sveglio tra i due, ha appena approntato un'arma magnifica: un'asta lunga e appuntita, che ha chiamato 'lancia'. Con quella, è sicuro, riuscirà a mandare fuori la tribù di Sgrunt da quella terra abbondante di frutta e cacciagione.

Ma, dopo il primo combattimento vinto, ecco che la tribù di Sgrunt si ripresenta armata di lance, dello stesso tipo di quelle inventate da Urgh. Ora sono di nuovo pari. Sgrunt ha copiato la lancia, esattamente come aveva fatto tempo prima con la clava.

Ma Urgh è sempre un passo avanti a Sgrunt, e sta già progettando l'arma definitiva, un bastone tenuto flesso da una corda di budello, col quale lanciare asticelle con delle punte di selce, che ha chiamato 'frecce'. Il suo entusiasmo è appena scalfito da un dubbio: tutta questa fatica servirà a a qualcosa?

Il dubbio ha il suo fondamento: dopo la prima sfolgorante vittoria degli arcieri di Urgh, la tribù di Sgrunt si arma dei nuovi strumenti, e la parità è ricostituita.

Urgh non ha intenzione di farsi fregare di nuovo e si presenta da Sgrunt con un bastone su cui è stato issato un drappo formato da una piccola, candida pelle di capra. Nelle intenzioni di Urgh quello dovrebbe rappresentare un simbolo di tregua.

Ma gli sgherri di Sgrunt sono messi piuttosto male con l'interpretazione dei segni: a cosa servirà mai quel drappo bianco su quell'asta? Una nuova malefica arma? Così una freccia colpisce al petto il povero Urgh, portando via per sempre le sue ultime geniali idee, quelle che avrebbero risolto i problemi della sua (e dell'altra) tribù: la pace e la moratoria sugli armamenti.



In matematica una funzione si dice invariante rispetto a una trasformazione se rimane inalterata dopo tale trasformazione. Se consideriamo l'innovazione tecnologica una trasformazione, noteremo come la nostra utilità, o felicità, o soddisfazione, siano funzioni sostanzialmente invarianti rispetto a essa. La scoperta di una nuova arma non significa per Urgh il dominio, perché Sgrunt è lesto a copiarla. Piuttosto, armi più potenti per entrambi gli schieramenti significano battaglie più sanguinose rispetto a quando si risolveva tutto a manate in faccia.

Ma l'invarianza della funzione di utilità non coinvolge solo gli strumenti bellici. L'automobile, col suo corollario di strade, trafori e viadotti, è per esempio una delle più formidabili trasformazioni della nostra storia: permette di spostarsi in territori grandissimi senza fatica. Permette di percorrere la distanza tra Verona e Vicenza in 41 minuti.

Però, però... che succede quando l'auto ce l'hanno tutti? Che raggiungere Vicenza in 41 minuti non è più una meravigliosa possibilità, ma un obbligo. Grazie ai 41 minuti io potrò trovare un lavoro a Vicenza, ma allo stesso tempo il vicentino che ho lasciato disoccupato potrà trovarlo a Verona. Così entrambi saremo occupati (funzione invariata), ma con ottanta minuti di auto al giorno sul groppone.

Eh, sì, perché accanto alle funzioni invarianti esistono anche quelle che sono profondamente variate dalla trasformazione tecnologica, spesso peggiorando. Per esempio, lo smog, il riscaldamento globale, l'entropia, la salute, il traffico, lo stress, la pericolosità delle strade, l'esaurimento delle risorse fossili. Buffo, no? I vantaggi delle innovazioni dopo poco si annullano, per livellamento o assuefazione, mentre gli svantaggi si ripercuoteranno su noi e sul pianeta per sempre.

C'è poi il problema della dipendenza, che si evidenzia non appena uno di questi dispositivi si rompe, lasciandoci inermi e incapaci di adottare una qualsiasi contromisura, come se l'umanità non fosse stata in grado di vivere, e bene, anche prima dell'avvento dell'automobile.

E queste considerazioni riguardano un'innovazione, l'automobile, che tutti considerano formidabile. Figuriamoci quando si parla di attrezzi più controversi, come il telefonino, la televisione o il karaoke.

Che fare, allora? Organizzare delle spedizioni da Trony e distruggere a mazzate tutta la merce esposta? Non servirebbe a molto. Ritirarsi sulle cime del monte Baldo, vestiti di pelliccia, e iniziare una vita ascetica e monastica, usando solo strumenti autocostruiti con legno e selci? Non ci sarebbe abbastanza posto.

no_facebookTornare indietro è impossibile, non abbiamo il fisico dei nostri antenati e, francamente, non sortirebbe effetti positivi. Ma rallentare la folle corsa alla tecnologia, soprattutto quella digitale, è possibile. Per far questo occorre sviluppare una critica. E, nel nostro piccolo, iniziare a sabotare.

 

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La catena di montaggio del cervello

Una pila di libri

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I giovani e il lavoro

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"Il lavoro nelle economie diverse"

Lavorare gratis per EXPO





 

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